Søren, “Bedtime Rituals”, recensione.
i Søren sono un collettivo nato nel 2013 attorno all’idea creativa di Matteo Gagliardi, deus ex machina di questo interessante project dedito ad un’attentiva esplorazione della dark music. Un viaggio ai limiti di un mondo figlio del recente passato.
A dare il battito iniziale è il sintetico e arioso sound di Unreal City all’interno della quale le reiterazioni della bass line offrono il giusto pattern all’alternanza di voci. Una buona impronta iniziatica, in cui il featuring o’riodiano di Nina Orlandi dona cromatismi lievi e piacevolmente innestati all’interno di un’aurea electro-pop, pronta virare sull’oscurità più nere e darkeggianti. Infatti, proprio Mantra, mostra il sentiero gothic di un tracciato minimale, in cui le sensazioni “cured” si intrecciano ad eccessi electro, sincopi e sensazione di inizi anni ‘90.
L’album, promosso da Metaversus, scorre lieve attraverso intuizioni alternative pop (Harry up!) e suoni sintetici (Time to Say Goodbye) per poi “volare verso il sole” attraverso le striature celtic e le dilatazioni teatrali di Pain of love, che giocano con gli introspettivi turbamenti, pronti a virare verso un consistente climax espressivo, posto attorno al nero e osservativo animo di un album ben definito dall’inquietudine, peraltro ben metaforizzata dalla cover Art.
Tracklist
- Unreal City (feat. Nina Orlandi)
- Mantra (feat. Lorenzo Tarquini)
- Hurry Up! (feat. Fabio Fraschini)
- Time to Say Goodbye
- My Worst Enemy (feat. Nina Orlandi)
- Flying into the Sun
- Pain of Love
- A Bedtime Ritual