“Rock These ancient ruins. Mamma Roma’s kids”, recensione

Erano lustri che non mi ritrovavo ad ascoltare una compilation. Se non erro l’ultima volta che mi è capitato di recensire una hitlist come questa era il 1999 e in allora parlavo di Kick Agency. Poi nulla, solo full lenght.

Così, con un piacevole e ritrovato stupore, oggi mi ritrovo tra le note di questo Rock These ancient ruins. Mamma Roma’s kids, un disco promosso da Area Pirata e Surfin’ Ki Records, pronto ad offrire uno sguardo su 14 band capitoline che vivono da anni nell’ underground punk rock.

Pertanto, almeno per una volta, ho deciso di giocare con il più classico track by track, in modo da raccontare in maniera lineare i due lati di un disco perfetto per chi ha voglia di (ri)scoprire le ombre creative di un ormai malato mainstream.

 

Alien: andamenti Fratelli Calafuria, impronte Gerson e armonie dirette.

Wendy?!: giocando con kubrickiane memorie, si allineano su ispirazioni Kiss al servizio del punk-rock.

Alexander dissuader: se avete in testa gli esordi di Clash, beh… questa I’Am Gonna Lose My job vi piacerà.

Pluton Baby: hammond e riff in battere, una riuscita alchimia tra grezzezza e femmineo ardimento.

Beats me: timbro vocale piacevolmente riconoscibile, sound intercalato tra armonie, cliché e venature Rancid.

Blood ‘77: pelli vibranti, voce granulare e Oi! rude taste. Vibranti e dirompenti, impossibile evitare il pogo (casalingo  #Iorestoacasa)

Cyclone: sensazioni tribal, sezione ritmica minima e impronte lo-fi. Una fuga dalle attese cavalcando suoni reiterati, distorti e al limite degli eccessi. Folle e psicotica… un vero ciclone.

Taxi: ritmo cadenzato cori e semplicità. Un guanto da indossare con facilità, parlando di P-rock dal sapore passatista ed immediato.

Queen Kong: monicker geniale e front girl figlia del ‘77, abile nel dominare i pochi sporchi accordi piacevolmente punk: Ecco a voi Black out! Black state!

Human Race: un ottimo riff iniziale che, a causa della sua struttura, ci riporta a sensazioni Priest, scegliendo però al punto giusto la via del punk e non quella del metal, in modo da giocare con ripetizioni granulari e appetiti di una Londra pistolsiana.

Idols lips: back vocals, wowowowow e attitudine punk.

Tiger in furs: accordature ribassate, velocità esecutiva, idee chiare, “stoppengo” e pure punk narrato da una linea vocale impeccabile… faccio outing, a mio avviso questa è la gemma dell’album.

Mad rollers: un punk rock di stampo armonico, giocato attorno ad una batteria cadenzata e uno spirito rock di fine anni ’70.

Ferox: atmosfere vicine ad andature skin. Immaginate di creare una sincrasi tra le sonorità di Johnny Rotten, Skiantos e Punkreas…terrete la piacevolezza di Vado fuori.

 

Ora… se avete avuto la pazienza di scorrere i protagonisti di questo lungometraggio punk, posso chiosare raccontandovi i miei perché:

  1. Dovreste acquistare questo disco perché probabilmente vi siete rotti i #@@***@# di ascoltare la casualità di Spotify.
  2. Dovreste acquistare questo disco perché in questo periodo di isolamento, ascoltarlo ad occhi chiusi vi trascinerà sotto i ricordi di un palco di periferia.
  3. ​Dovreste acquistare questo disco perché (lo dico da ex-punk) dalle sue note trapela la costante voglia di trovare e ritrovare note in comfort zone, ricordandoci che il Punk…not dead.