Angeli, “Voglio di più”, recensione
Mi è bastato il primo minuto per convincermi a recensire questa nuova ristampa di Area Pirata. Si chiamano Angeli, e sono una band nata nel 1996 all’interno di un habitat HC, posto tra Negazione, Indigesti e MGZ. L’album, a mio avviso straordinario nel suo genere, in allora nacque dopo che Tax Farano e Massimo Ferrusi decisero di alterare i sentieri Fluxus e Persiana Jones per tornare alla rabbia d’impatto che, ancora oggi, emerge da questo full lenght mosso da un sound arrugginito e attuale.
Un flusso graffiato da un timbro riconoscibile e travolgente, pronto a portare a noi note che vorrei tanto vivere in un pogante sottopalco, trascinato da andamenti semplici e devastanti che, in questo full lenght sembrano voler partire da un climax impeccabile, dettato dalla titletrack, per poi scivolare tra gli spigoli acuti di Niente per me, figlia di un allora diretto e impolverato.
https://www.youtube.com/watch?v=VAFEOYkZVJc
I frammenti del loro pregresso musicale si alzano poi attraverso le toniche di Vivo, brano in cui, chi come me ha adorato i Persiana Jones, ritroverà sensazioni retrò, attraverso il basso di Marco Conti, pronto a disegnare l’improvviso cambio di direzione, atto ad invitarci a conoscere Facce sconosciute e “mondi nuovi”.
L’universo degli Angeli trova, inoltre, linfa vitale nelle linee armoniche di Non contate su di me da cui capisco, con il senno di poi, il “Miracolo” dei Gerson, nella cui discografia potreste ritrovare le sonorità perdute dopo questo Voglio di più. Il sound, ruvido e addensato, prosegue poi con il mid tempo di Con le mie scuse e le distorsioni di Breakfast in hell, un vero e proprio pugno in viso che ci desta dalla banalità.
Il disco, a mio avviso… da avere assolutamente, si completa attraverso il corposo riffing emozionale di Capirai e l’impronta rock ‘n’roll di Cazzi miei, un brano in cui il ritmo in battere sfonda ogni dubbio nei confronti di un’opera che non mostra l’età che possiede.
…
(Infine), lascio questi tre puntini di sospensione per raccontarvi il vuoto che ho vissuto dopo aver scritto la recensione, un vuoto in cui manca la conclusione. Ho pensato a cosa scrivere nelle tre righe conclusive, ma… mi sono ritrovato a riascoltare e riascoltare ancora il disco semplicemente chiedendomi: “Ma dovremo aspettare ancora?”