The Beaters Band “Punk Rock & Roll”, recensione
Attenzione zona emergente-DIY!
Tuffiamoci negli anni ‘50 attraverso un disco che ha il sapore dell’autoproduzione polverosa, imprecisa e dannatamente coinvolgente. Se volete tecnicismi e perfezione potete cambiare subito strada, ma se volete cuore e rock’n’punk grezzo siete nel posto giusto.
Oggi, infatti, mi sono dedicato all’ascolto di Punk Rock & Roll dei The Beaters Band, pronti a raccontarci l’idea, forse non particolarmente originale ma sicuramente emozionale, di rivisitare in chiave rockabilly alcuni classici del passato, attraverso una visione proto-punk non così lontana dai dogmi del ’77. Accordi semplici, tecnica calmierata e profondità del suono né essenziale né evidente. Sembrano proprio questi i difetti e i pregi punk dell’LP di una band che, sin dal primo ascolto trasuda una carica espressiva ed emozionale molto vicina al grezzo ricercato degli albori statunitensi.
Una sorta di acerba impronta stilistica della linea vocale non impedisce all’ascoltatore di godere della struttura narrativa pulita e emozionale, in grado di raccontare gli anni ‘50 e ‘60 attraverso semplici accordi in battere, modulati e impreziositi da una struttura che va a trovare il proprio apice sonoro in The girl of my best friend, in cui i sentieri narrativi appaiono alimentati dall’idea sulla quale vengono basate le intuizioni sonore di Donna e Then he kissed me.
Se poi con Do you wanna dance la band non riesce a convincerci pienamente, è con Diana e Baby i Love You che la band riesce per davvero a portarci negli Happy Days, almeno fino ai contorni Ramones che giocano molto con i gusti e idee di una band obiettivamente ancora in viaggio, ma che al contempo sembra in grado di raccontare qualcosa di storicizzato, anche attraverso anche un packaging interessante e citazionistico, in cui la copertina racconta molto di più di quello che ad un primo sguardo potrebbe apparire.