Røsenkreütz: “Divide et impera”, Recensione
“I’m so looking so wise selling you lies about my immaginary friend”.
Un lucido ed impeccabile digipack racchiuso dietro ad una cover art ed un booklet che da soli valgono il biglietto d’entrata. Vi basterà osservare le photo session di Lara Zanardi e l’opera di Christophe Dessaigne per scoprire la cura con cui i Rosenkreutz hanno voluto portare alle stampe questo nuovo e riuscito lavoro neo progressive.
Promosso da Andromeda Relix e Opal Arts, l’album segna il ritorno di Fabio Serra, polistrumentista che, sotto l’egida del monicker rosacrociano, riscopre un equilibrio emozionale, in cui trovano posto una armoniosa line up e alcune guest, pronte a dare refoli narrativi ad un disco poco immediato, ma di certo estremamente narrativo.
La set list, dimensionata su composizioni lunghe ma mai tediose, sembra voler giocare con sonorità pseudo pop (Freefall), scolpite su sentieri apertamente progressive, che non disdegnano influssi divergenti. Un armonico connubio di sensazioni ben definite dai rimandi al ventennio che ha coperto gli anni ’80 e ’90 (Imaginary friend).
L’accogliente e pulita voce del frontman trova poi fertile terreno in The candle in the glass, in cui la dolcezza espressiva dello storytelling si sposa alla perfezione con le scale di grigi del booklet e con un uso di riverberi addolciti, che rendono questa ballad una piccola gemma.
Il vento va poi a mutare con l’accelerazione di I know i know e al sapore antico di Aurelia, che potrebbe piacere anche a chi si nutre di epic e folk metal. L’album, arricchito dagli archi di Everquartett, trova, infine, l’apice del suo climax descrittivo tra le note di Sorry and… in cui i cambi direzionali definiscono un sound piacevolmente avvolgente, così come dimostra la lunga e terminale suite The collector, ardita e forse pretenziosa composizione, in cui la band esprime il proprio artistico estro.
Insomma un disco che, pur partendo dal prog, riesce a raccontare molto di più.