Moby
Tra i piaceri più attesi della stagione calda , oltre al desiderio di un bagno di sole e un tuffo in mare, bisogna annoverare i molteplici festival musicali che allietano le serate estive. Tra le tante kermesse che vengono organizzate nella nostra penisola, una in particolare è riuscita nel giro di pochi anni a creare intorno a sé una notevole visibilità, grazie all’ottima organizzazione e alla alta qualità musicale proposta. Stiamo parlando dell’ Extrafestival torinese, che da quest’anno cambia location, in modo da ovviare ad inconvenienti atmosferici; infatti la scenografia dell’edizione 2003 sarà quella del Palastampa, che per ben 11 giornate vedrà susseguirsi artisti di alto livello come Massive Attack, Jethro Tull, Marlene Kuntz, Gilberto Gil e molti altri.
L’Extrafestival 2003 prevede, oltre alla musica d’autore, una serie di incontri, forum e le cosiddette extranights, vale a dire incontri cultural-musicali presentati nei luoghi più affascinanti di Torino, grazie anche alla preziosa collaborazione di Comune, Regione e Provincia del capoluogo piemontese.
La serata inaugurale del 3 luglio vede on stage uno dei più apprezzati musicisti del momento: Richard Melville Hall, in arte Moby. Il live del newyorkese ha inizio intorno alle 22, dopo un DJ-set d’emergenza atto a sostituire gli Audio Bullys, che a causa di sopravenuti impegni radiotelevisivi, saltano lo show al Palastampa.
Nonostante il forfait della band clashiana, il pubblico rimane in silente attesa della star serale, fino a quando un fascio di luci irradia i due violini orientali a sinistra del palco, mentre la voce soul di Gayan Chamberway inizia ad intonare la bellissima “Natural blues”. La potente vocalist sembra dominare dall’alto i vorticosi giri di basso che riportano alla memoria le sonorità di Twin Peaks, ossessive e armoniche , come il dolce ondeggiare di Moby sulla tasiera elettronica.
Ci si rende immediatamente conto di come Mr.Richard non sia un semplice DJ ma un vero e proprio polistrumentista, capace di alternarsi a tastiera, tamburi, chitarra e Scratch. Allo stesso modo sembra apparire palese anche il “sigillo” che front man pone non solo nella performance live dei vari brani, ma anche all’interno di tutte le partiture che creano ritmi sempre diversi, partendo dallo speed rock elettrico di “James Bond Theme”, che ricorda sonorità Prodigy, arrivando all’ acustic rock di “Another Woman”, rivisitata e corretta, e la romantica “Sunday”. Tra le canzoni più apprezzate dal pubblico, come era facile prevedere, “We are all made of stars”, accende gli entusiasmi, anche grazie al lavoro del bravissimo lights designer che riesce ricreare un firmamento di luci ed ombre molto suggestivo.
Tanti altri sono i momenti di coinvolgimento e risulta difficile enumerarli integralmente. Viene spontaneo raccontare il momento in cui Moby e la sua band decide l’imprevedibile, intonando “Creep” dei Radiohead, resa unica in un’eclettica versione; un inatteso regalo che la band ha porto ai propri fans.
Sul finire del concerto rimane soddisfatto anche chi, innamorato di “Play”, riesce a percepire quelle buone vibrazione di cui parlavano i Beach Boys. Infatti la band offre perfette versioni di “Why does my heart feel so bad” che incoraggia qualche sparuto spettatore a levare al cielo indoor il proprio accendino, oppure l’ipnotica versione di “BodyRock” che scalda gli animi riflessivi degli spettatori.
Il concerto si chiude, dopo circa due ore intense di musica e poche parole, donate a circa 3000 spettatori, i quali hanno potuto riscoprire un Moby diverso dal passato, non più one man band, come qualche anno addietro, ma bensì cresciuto grazie anche al suo successo recente che ha permesso di trasformare i suoi show in veri e propri spettacoli pirotecnici molto più rock e sempre più lontani dall’elettro-club-ambient.