Luciano Ligabue

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Ligabue riparte in tour con una dobleta genovese, in una città rivitalizzata, che inizia a scoprire il bello di essere protagonista; forse per merito della nuova location, forse grazie al lavoro di personaggi come Vincenzo Spera e Totò Miggiano, o più semplicemente per il risveglio della gente, oggi capace di rispondere agli eventi in maniera impensabile fino a poco tempo addietro. Con questo doppio appuntamento il Liga battezza la seconda parte del “Nome e Cognome tour”, che segue alle esibizioni nei club, in cui il cocker ha ritrovato i Clandestino, la storica band, per un salutare tuffo nel passato. Da oggi gli ambienti saranno i palasport gremiti di adoranti giovani, da “domani” (19 maggio) si parlerà di terza fase negli stadi italiani. Probabilmente Ligabue, con questa programmazione, ha voluto rivivere la catarsi della sua splendida carriera, iniziata proprio davanti a sparute cricche di spettatori, per poi ritrovarsi dopo 15 anni di carriera, protagonista in megalitiche scenografie come quella di Campovolo.

Questo nuovo viaggio nella musica sembra portare con se il sapore di chi non vuole dimenticare la sua semplicità e la genuina voglia di comunicazione diretta.

Dopo più di tre lustri è innegabile però, che ad oggi Luciano Ligabue qualche ruga artistica inizi a mostrarla. È di certo indubbia la caratura dell’artista, ma da ormai qualche anno, sembra mostrare lo stesso lato di se, non riuscendo a concretizzare nuove idee e inedite musicalità, che si fanno apprezzare, ma non riescono a raggiungere i livelli del debut album o dell’incantevole “Buon compleanno Elvis”. Il periodo di preparazione all’ultimo disco è stata comunque linfa vitale, visto che l’album uscito nasconde una forza sopita da tempo, un energia e un entusiasmo che appaiono rinfrescati. Infatti, il live di Genova corre via veloce per due ore abbondanti di buone vibrazioni, costruito più che altro su brani rock, tralasciando per una volta le ballate, presenti in numero minore rispetto ad altre performance.

Sono le 21, 30 quando otto fari incastonati nell’enorme impalcatura della scenografia, iniziano a danzare sugli spettatori; lo show ha inizio con il riff di “Vivo o Morto o x” seguito a ruota da “Tutti vogliono viaggiare in prima”. L’adrenalina è alta, si balla con “Il giorno dei giorni”, ci si muove con un ordinato moshing sotto il palco, che si interrompe per “Seduto in riva al fosso”, durante la quale migliaia di telefonini si accendono, come qualche anno fa si alzavano al cielo gli accendini. La canzone proposta con un nuovo e convincente arrangiamento, ci porta verso “Piccola città eterna”, presente in scaletta a seguito del plebiscito, emerso dalle pagine del sito www.ligachannel.com . Il concerto prosegue sulle grintose tonalità di “Happy hour”, con il suo outro rollingstoniano e la perfetta e coinvolgente “Ho perso le parole”. Le chitarre elettriche lasciano per un attimo il posto alla versione semi-unplugged di “Metti in circolo il tuo amore”, durante la quale Ligabue veste i panni di one man band, e alla magnificente “Certe notti” cantata senza titubanza dalle voci degli spettatori. Tra palco e realtà, il live offre “Piccola stella senza cielo”, “ L’amore conta” e il divertissement “A che ora è la fine del mondo?”, che anticipa il classico bis, dal quale emerge la datata “Urlando contro il cielo”.

Ligabue nonostante il tiratissimo concerto, ha ancora la forza di correre lungo le passerelle che fanno da ali al palcoscenico, saltando su di una gamba proprio come faceva Malcolm Young degli Ac/Dc durante i riff di chitarra.

Le luci si alzano e per una volta i ringraziamenti di rito perdono la loro intrinseca banalità, per merito delle parole di commiato che rimandano all’opinione pubblica un grande personaggio: “ Grazie, ma non tanto per essere venuti…grazie per COME siete venuti”.