Intervista ai Dorian Gray
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Intervista Dorian Gray
1. Non mi annoierò mai…la prima domanda è sempre la stessa…Genesi del nome? Da cosa è nato Dorian Gray?
Da un fatto casuale. La band che ha incubato i Dorian Gray aveva in repertorio un brano che prendeva il titolo dal personaggio di Wilde. Poi la casualità è diventata premeditazione, perché il nome rappresentava il desiderio di immortalità che riusciva a dominare il tempo. Credo sia un concetto disperatamente vivo nella civiltà occidentale, la gabbia dei sogni. Ma l’evasione non è riuscita e il nome ha identificato il progetto per tutti questi anni passati e credo lo farà per gli anni a venire.
2. Inevitabile partire dal meraviglioso packaging. Come siete arrivati alla decisione di definire questo formato deluxe?
La musica deve avere un immaginario e poterlo raccontare, attraverso un’emozione visiva o un racconto sonoro per immagini. Il formato degli ultimi due album ci ha permesso finalmente di poter oltrepassare il confine dell’espressione didascalica delle canzoni per dare spazio a territori onirici che ci sono più familiari.
3. Come è avvenuto l’incontro con il pennello dell’illustratore?Quale è stata la formula di collaborazione? Sono nate prima le canzoni o i dipinti?
Le canzoni esistevano già quasi tutte, i dipinti hanno contribuito a ridefinirne i colori e le sensazioni e ridefinito l’attenzione sulla percezione finale del disco. Il fatto che Fior abiti a Parigi ci ha costretto al confronto sui contenuti dell’album anche attraverso il web, il che ha reso tutto più dinamico.
4. Come vi ponete rispetto ai new media e al mondo dei file compressi? Quanto è importante a vostro avviso possedere un web site o un profilo social network?
Personalmente sono ancora troppo analogico per esprimermi sui new media. Credo che possedere un sito aiuti la diffusione della musica e dell’immaginario più facilmente di quanto non faccia un social network, che è uno spazio dedicato , almeno nella maggior parte dei casi, all’esposizione di se stessi.
5. Perché sul profilo myspace vi definite apolidi?
Perché l’amore per le proprie radici può produrre il desiderio di perdersi nel mondo. Una condizione talmente antica e così attuale, basta guardarsi intorno.
6. Ed invece come vi ponete nei confronti del caro, caldo vecchio vinile? Date a ancora uno sguardo a quel tipo di mercato?
Siamo tutti vinilisti convinti….
7. Rispetto gli albori tutto è mutato attorno a Davide Catinari, perché?
Perché è cambiato anche Davide Catinari. Se aveste visto i Dorian Gray di dieci anni fa vi sareste trovati di fronte a una macchina senza conducente che va dritta contro un muro. Oggi la necessità di urlare si è trasformata nel sussurro che colora il buio con i pensieri più reconditi, in cui ognuno vorrebbe perdersi.
8. Nella storia dei Dorian Gray esiste un fagocitante buco nero, cosa successe? E come siete riusciti a ridare luce al black out?
La successione dei diversi eventi che fisiologicamente fagocitano le bands senza una gestione accorta delle loro capacità produce tensioni che difficilmente ne facilitano la sopravvivenza. Il nostro rapporto, soprattutto verso la fine degli anni ’90, era estremamente difficile. La musica che suonavamo all’epoca lo denunciava in maniera abbastanza evidente. Chi conosce “Il Veleno della Mente”, l’ultimo album della vecchia formazione, sa di cosa sto parlando.
9. Dopo tutti questi anni di carriera guardandovi alle spalle in cosa pensate di aver fatto errori? Perché il lato più mainstream non vi ha accolto come avreste meritato?
La storia della band, come quella di molte altre, è costellata di scazzi, ingenuità, tensioni e qualche rimpianto. Francamente devo dirti che il nostro periodo mainstream, per intenderci quello del primo album “Shamano”, è durato sino a quando non mi sono accorto che il nostro progetto non era adeguato alla tipologia di pubblico alla quale voleva rivolgersi Angelo Carrara, il nostro primo discografico. E’ stato un percorso inverso rispetto a quello delle band di oggi, che partono dall’underground sperando di arrivare a una visibilità che gli consenta di emergere. Credo che Carrara avesse intuito le potenzialità espressive dei Dorian Gray, ma fosse concentrato su strategie di mercato più adatte a Ligabue o ai Timoria. Noi eravamo difficilmente manipolabili e credo che lui lo avesse capito. Non so se abbia fatto lo stesso ragionamento anche per i Bluvertigo , che esordirono proprio con la Target qualche anno dopo, ma in ogni caso non saremmo mai potuti essere la band pop rock che la discografia ufficiale ci chiedeva di essere.
10 Nei vostri testi l’aspetto poetico ed ermetico sembra essere molto presente, quali sono le influenze che portano alla composizione del songwriting?
In qualità di autore dei testi e di gran parte delle musiche mi prendo la totale responsabilità del versante letterario del progetto in cui convivono le mie letture, una visione del mondo un po’ alla Hunter Thompson – nel senso più delirante del termine – e l’utilizzo di simbologie e allusioni numerologiche derivanti dalle mie conoscenze in materia. Detesto la mera descrizione della realtà, le canzoni in prima persona plurale, la finta apologia dei perdenti vincitori.
11 Chi è il vostro pubblico? E quale rapporto avete con loro?
Il nostro pubblico è da prendere molto sul serio perché è attento, curioso e informato.
Spesso girando sul web trovo video realizzati da nostri estimatori, oppure frasi estratte dai testi che sono utilizzate come titoli per i blog. Mi piace pensare che potranno essere anche i critici più feroci del nostro lavoro ma so anche che se così fosse lo sarebbe per troppo affetto, perché se scegli la nostra musica lo fai con il cuore prima che con gli occhi.
12 Quanto è importante l’attività live per una band come la vostra?
Determinante , come per tutte le band. Il concerto è l’estrema dichiarazione di vita in un mondo in cui se non suoni non esisti .
13 Ultimamente gli Ex otago hanno deciso di suonare sul tetto della facoltà di architettura di Genova…quanto è difficile trovare gli spazi appropriati per la musica underground italiana?
La considerazione di cui ha goduto la musica non mainstream in Italia sino a oggi è la stessa di cui hanno goduto i popoli nordafricani da parte dei loro leader.
14 Avrai sicuramente pensato “Che palle, mi chiedono sempre le stesse cose..”, ma hai mai pensato “ma perché non mi domandano mai di..”?
Sì, magari parlare di vizi , virtù e passioni ma in fondo forse è meglio di no, potrebbero venire fuori risposte imbarazzanti.
15 Rispetto al passato presumete ci possa essere ancora la voglia e la necessità artistica di progettare collaborazioni, duetti o coverizzazioni di brani famosi?
Attualmente stiamo lavorando a un progetto su vinile, che comprenderà alcune cover di autori distanti dal nostro mondo, rielaborati e filtrati con la sensibilità che ci appartiene.
16 Gli Afterhours a Sanremo…voi accettereste?
Certamente , se lo presentasse Nick Cave.