Elisa
Dopo qualche anno di assenza, Elisa Toffoli, in arte Elisa, torna a Genova con il suo Pearl Days tour, per la gioia dei suoi fans, il cui identikit, stando alla statistiche, sembra essere quello di giovani ragazzi, perlopiù senza cromosoma y, disincantati e dai gusti musicali tu tt’altro che ricercati. Ma chiariamo subito, questa non è una critica nei confronti di nessuno, né verso il pubblico, né tanto meno nei confronti della cantante, le cui qualità canore non si discutono affatto.
La ragazza di Monfalcone, nonostante un raffreddore confessato sul finire di concerto (ma di cui probabilmente nessuno si era accorto), ha dimostrato una rara passione verso la musica, dimostrandosi impeccabile nella sua performance, senza sbavature o incertezze. Il concerto inizia con “Togheter”, capace di scaldare un pubblico attento ai vocalismi eccezionali della cantante goriziana, che a tratti sembrano ricordare le performance della Whitney Houston di “The Bodyguard”. Ma, se è vero che la voce di Elisa porta con se una carica di energia illuminante, è anche vero che purtroppo gli arrangiamenti, alquanto piatti, e le partiture spesso poco vitali, penalizzano anche i momenti migliori del concerto. Infatti, durante la graziosa “Broken” che riporta alla mente l’Alanis Morissette dei primi tempi, l’impressione è quella di non riuscire ad essere supportata adeguatamente da una band che mostra qualche indecisione.
Il live prosegue all’interno di una cornice strutturata in maniera accattivante e originale, dall’argenteo sapore post moderno, caratterizzata da ragnatele dipinte, che acquisiscono soffio vitale grazie ai perfetti e singolari giochi di luce.
La musica procede attraversando trasversalmente la carriera della signorina Toffoli, passando da “Inside Flowers” alla rivisitazione di “Femme Fatale” classic cover della track resa famosa da Nico dei Velvet Underground. Sul finire del lungo concerto non mancano le sorprese, sul palco viene chiamata la guest star, Simona Bencini, che da vita ad un trascinante duetto vocale, che magicamente si trasforma nel ritmo reggae di “Get up, Stand up” di Bob Marley.
Se proprio dobbiamo cercare il momento migliore della serata non appare difficile trovarlo nella “Luce” dei tramonti a nord est .
Il brano sanremese, che vanta la collaborazione con Adelmo Fornaciari, nonostante sia stato inflazionato da radio e varie kermesse, ha ancora in se quella verve iniziale che le ha permesso di trionfare nel 2001 al cospetto di Gino Paoli e della sua giuria, che inventò appositamente un premio come miglior interprete del festival, che ancora oggi dimostra ampiamente di meritare.