Elio e le storie tese
Sono ormai trascorsi quasi quarant’anni da quando si parlava di nobili dualismi musicali tra Beatles e Rolling Stones, con le loro sfide canore capaci di animare quello che ancora oggi è considerato uno dei principali periodi della storia del rock. Oggi nell’anno 2003 la sfida più piccante è stata “creata” da due talenti della musica nostrana: Freak Antoni, leader degli Skiantos ed Elio con i suoi ragazzi dalle storie tese. Quanto questa polemica sia vera, non si riesce in realtà a capire, ma certamente è riuscita in poco tempo a catalizzare l’attenzione dei fans.
Senza false ipocrisie, cavalcando la controversia, per una volta anche io ho deciso di espormi, uscendo dall’utopica oggettività che ogni giornalista anela a raggiungere, e a sorpresa mi schiero, senza nessun dubbio, a favore del demential-punk rock degli Skiantos, che insieme agli Squallor sono, a mio avviso, gli indiscutibili antesignani della musica demenziale. Così come senza i Public Enemy, il buon Eminem non sarebbe nessuno, così Elio senza Dandy Bestia e la coppia Cerreti-Bigazzi non sarebbe chi è diventato ora.
Nonostante la premessa volutamente provocatoria ma sincera, è innegabile che la band milanese abbia a suo vantaggio una preparazione musicale invidiabile che, unita ad una notevole vis comica, rende il loro concerto un vero e proprio spettacolo non troppo dissimile da quella vena surreal-sessuale che ha caratterizzato per anni il Frank Zappa di “We’re only in it for money”.
Lo show ha inizio intorno alle 21.30 con le note di “Abate cruento” che segue ad una lunga introduzione strumentale, dal sapore progressivo. Elio, in discreta forma oratoria, si ritrova ben presto a dover dividere il palco con il rinomato architetto Mangoni che si lancia, tra un travestimento e l’altro, in lap-dance strampalate ed esternazioni pseudo scientifiche. Le due primedonne riescono comunque a condividere bonariamente lo stage, grazie ad una trovata scenica che permette al fantasista del gruppo di scorazzare su di un piano rialzato che si interseca con il palco dei musicisti.
Il numeroso pubblico accorso, è conquistato, sin dalle prime battute, dalla “tastiera alla Sandy Marton” utilizzata da Rocco”Carambola” Tanica per intonare la hit del momento “Shpalman”, cantata a squarciagola da ogni singolo presente. Dopo un tuffo nel passato con “Uomini col Borsello” con il suo finale raggaemuffin, ecco venir fuori ancora una volta l’imprevedibilità degli Elii che con la voce di Tanica dedicano un inno tutto particolare alla “Bella Genova” le cui note si miscelano abilmente ai luoghi comuni di “La Chanson”, accompagnata dal sensuale movimento d’anche di Mangoni che troneggia dall’alto del sopra palco. L’ensemble musicale continua inesorabile per due ore attraversando il trash core di “Cani e padroni di cani” e il rock pseudo-maschilista di “La follia della donna” durante la quale il poliedrico Faso abbandona il basso per accomodarsi alla batteria, mentre Christian Meyer imbraccia un paio di scarpe da donna usandole come bacchette di tamburi sopra la superficie delle casse.
Dopo “Servi della gleba” lo show prevede un’ulteriore (duplice) sorpresa che Elio dedica al pubblico ligure: Carlo Taranto della Gialappa’s band viene chiamato in causa per duettare in un surreale dialogo con il Maestro Luciano”Crozza” Pavarotti che, oltre a divertire la platea, riesce anche a stupire per le sue capacità liriche.
Lo spettacolo intorno alle 23 30 volge al termine, con le attese “Litfiba tornate insieme” e “Fossi figo”, senza però dimenticare alcune canzoni cult come “Born to be Abramo” e la geniale “Cara ti amo” che portano la band verso la conclusione di un lungo e divertente concerto che lascia i fans soddisfatti del solito circo grottesco di Elio e i suoi ragazzi.