Yut! “Yut”, recensione
Nella jungla dell’underground italiano esiste, dal 2007, una piccola realtà chiamata Smoking Kill Records, idea uscita dal cassetto di Andy Ferretti, il quale, dopo un attento sguardo elettronico, decide di ampliare i suoi orizzonti per posare lo sguardo all’interno di quella popolosa regione alternative indie. In soli 3 anni il rooster della label è riuscita a proporre alcuni interessanti prodotti nostrani come I’ve killed the cat, Plastic made sofa e Yut!
Proprio di questi ultimi andremo a parlare nelle prossime righe.
Gli Yut! arrivano dalle ultime generazioni di artisti milanesi e solo ultimamente hanno deciso di rubare il punto esclamativo ai GSYBE! e un buon manipolo di spartiti dagli anni 80; tanto è vero che appare sin troppo evidente un inevitabile parallelismo con il mondo dei Diaframma e (soprattutto) con i primi Litfiba di Krypton. Infatti, attraverso le nove tracce, si palesano sensazioni Rock e New Wave, in cui l’onda è cavalcata da un attento e erudito songwriting, teso a sciorinare tematiche introspettive e talvolta ermetiche, attraverso menzioni per nulla casuali di una vita sociale nichilisticamente alla deriva.
Il disco appare a tratti insolente ed impudente quanto lo splendore (forse) unico della tipizzazione vocale del frontman, attraverso cupezza post dark, groove ed elettronica mai invadente, interposta tra melodia e un’oscurantista visione lo fi.
Ma…bando alle chiacchiere e…Rilassiamoci un momento ascoltiamo l’entrata di ogni strumento. La citazione altro non è che la ricetta più adeguata per entrare nel mondo barocco degli Yut!, realtà nichilistico-sociale, che tra il serio ed il faceto racconta di note capaci nel valicare ogni confine ed ogni ostacolo, proprio come dimostra l’ambiente noise-lounge d’introduzione, in cui ci si ritrova all’interno di un (non)propedeutico approccio musicale. Difatti il battesimo di questo YUT!, destabilizza, senza spiegare la stranita funzionalità rispetto alla tipizzazione sonora delle tracce. I primi minuti appaiono ad un livello di prima lettura significante opaco e nebbioso, almeno sino al 2° minuto, in cui l’aria si fonde ad un electro-pop intrigante a alla particolare vocalità, che colpisce per la sua teatralizzazione performante, davvero particolare.
I rimandi ad influssi carpenteriani , piuttosto che a quei primi 17 re, appaiono sin troppo evidenti tra pelli legate al passato e una sentiticità post, che diviene P-Punk grazie a linee di cantato delineanti un accenno di No Future, come accade in RUV e in Sciamenna, da cui fuoriescono effluvi della Bologna anni 80. Il disco si disegna attorno alle linee abbozzate dell’elitarismo di Martin Eden, le ciclotimiche ondulazioni folli di Zion e L’incredibile che contribuisce ad un passo baustelliano verso un noir rock cupo e forbito…talvolta degenerato in artifizi eccessivi.
Tra ermetismo e raffinatezza emergono le nubi oscuranti di Nudo, in cui l’ottima gestione di spazi e volumi, uniti ad un basso perfetto, anticipano Cattivo, un potenziale singolo caratterizzato da ben definiti cambi di direzione
Un disco che ho avuto molta difficoltà a recensire perché al primo ascolto mi ha destabilizzato, al secondo mi ha coinvolto ed al terzo mi è piaciuto e poi piaciuto, piaciuto e piaciuto. Una sorta di principio attivo fatto di note, che si sono vestite di soggettività e per le quali, come detto, ho faticato.
L’impedimento maggiore è stato infatti quello di gettare indietro le sensazioni personali per soffermarmi solo su di una ragionata obbiettività…e a differenza di altri colleghi credo di poter dire che questi giovani YUT! sono e saranno!
…peccato solo che non ci fossero già nei primi anni ottanta…perché oggi sarebbero già di culto.
TRACKLIST:
“Intro leviatano”
“RUV”
“Zion”
“L’incredibile”
“Nudo”
“Il cattivo”
“Martin Eden”
“Sciamenna”
“Luminoso & nero”