Whitetree – Cloudland
Per chi non conoscesse Ludovico Einaudi possiamo presentarlo dicendo che è un pianista contemporaneo che compone musica principalmente per piano solo.
La sua cifra stilistica si avvicina molto al minimalismo sonoro riuscendo tuttavia a creare spesso melodie di una semplicità disarmante ma non per questo meno intense e toccanti. La bellezza della sua musica sta proprio nel giusto equilibrio tra semplicità sonora ed intensità emotiva.
Una particolarità del lavoro di Einaudi risiede nel fatto che il compositore spesso e volentieri collabora con altri musicisti da lui molto distanti, cercando di trasformare la sua musica in qualcos’altro o cercando di miscelarla con altre sonorità a lui lontanissime.
Questo lavoro di commistione, fatto perlopiù dal vivo, crea elaborati davvero interessanti ed innovativi.
In questo caso invece Einaudi ha lavorato ad un vero e proprio progetto, a nome Whitetree, insieme ai fratelli Robert e Ronald Lippok dei To Rococo Rot; progetto sfociato in un disco in studio e ad una serie di concerti.
Ho avuto modo di ascoltare i Whitetree dal vivo a Villa Arconati e devo dire che mi hanno lasciato felicemente colpito.
L’idea alla base di questo progetto sta nel cercare di mediare la base classica della musica minimalista di Einaudi cercando di miscelarla con le sonorità più moderne ed elettroniche generate dai due fratelli.
Vengono usate come base sonora le melodie leggere del piano, sulle quali si innestano le composizione elettroniche del duo tedesco.
Il disco non propone un vero e proprio progetto unico, ma piuttosto tanti possibili esperimenti.
I vari brani restano spesso staccati l’uno dall’altro dando l’idea di una selezione di sperimentazioni, una sorta di antologia possibilista.
Antologia che in alcuni casi ci mostra perle di rara bellezza come Kyril dove la commistione classico-elettronica riesce alla perfezione, mentre in altri casi segnala impietosamente la strada percorsa in modo parallelo dai musicisti.
Il pianoforte di Einaudi resta comunque sempre a fuoco, regalandoci brani nuovi e riproposizioni di suoi classici davvero intensi.
Il tentativo in questione, già provato altre volte, resta comunque interessante ma ancora alla ricerca del perfetto equilibrio; equilibrio che quando si raggiunge, mostra tutte le splendide potenzialità di questo matrimonio tra il nuovo e l’antico.