Wallace records

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Wallce records

“La Wallace è prima di tutto controcultura ed antagonismo, poi è anche una casa editrice di dischi fatti da persone.” Così si legge sul sito www.wallacerecords.com, nel tentativo di descrivere una independent avant/punkrock label. Già qualche tempo addietro music on tnt si prese la briga di portare alle cronache una delle etichette più accorte del panorama alternative italiano, viaggiando tra l’atronica e in noise, tra il post e lo sperimentalismo. Così dopo un lasso di tempo non ben definito la nostra rivista riprende il filo del discorso nel tentativo di promuovere le ultime uscite della Wallace, consapevoli che assieme a Ebria, Bar la murte e Megaplomp, oggi rappresenti, per gli amanti del genere, un prezioso punto di riferimento.

Questa settimana ci occuperemo delle nuove uscite, nel tentativo di offrire un breve collage di ciò che la “non casa discografica” può proporre.

Black Engine
“Ku Klux Klown”

Partiamo dai Black Engine e dal loro “Ku Klux Klown”. Nel vedere la cover art potremmo benissimo essere certi di essere di fronte ad un disco dark, death metal, grind oppure noise. Ascoltando il cd però, ci si rende conto che nessuna di queste considerazioni appare vera, ma al medesimo tempo tutte le ipotesi appaiono reali. Il prodotto d’esordio del progetto di Eraldo Bernocchi, Massimo Pupillo, Jacopo Battaglia e Luca Mai, riesce a scomporre in selvaggi tasselli la musica, nella sua reale concezione. Il suono insegue free jazz e grindcore senza soluzione di continuità, ma in questo caso non è necessario definire, ma risulta essenziale ascoltare. Brani come “I hate clown” ci proiettano immediatamente nel mondo schizoide descritto dagli spartiti della band, attraverso incursioni ficcanti di fiati che tentato di oltrepassare la cortina elettrica, ritmata dai violenti rullanti. Le sonorità si evolvono attraverso territori parenti stretti del Doom e del Gothic senza mai però riuscire a connotarsi precisamente, come nel caso di “Bones circus”, uno dei pezzi migliori del disco. La tracklist riesce a penetrare nell’ascoltatore attraverso un uso sapiente della strumentazione, che grazie al basso di Pupillo raggiunge una sonorità valente, che si esplicita in “Cut it, Pack it, ship it” con i suoi quattro minuti di follia geniale.

Track list

1. I Hate Clowns
2. Ku Klux Klowns
3. Bones Circus
4. Fishtank Midget Surfer
5. A Wolf Day
6. Cut It, Pack It, Ship It
7. Mene Tekel Peres
8. Controversy Over The East Bank
9. The Humiliation Of An Impotent God
10. Ignite, Isolate

Polvere
“Polvere”

Proseguiamo il viaggio con il 10’’LP dei Polvere. Il disco per certi versi ricorda l’idea pinkfloydiana proposta in “Atom heart mother”, in cui il lato A era composto da un’unica lunga suite. Nella propositività di Xabier Irondo e Mattia Coletti, il cd appare come un vecchio e frusciante vinile, in cui i due lati, perfettamente simmetrici, offrono due opere suddivise in tre paragrafi. L’extra mode cd, oltre ad fornire informazioni suppletive, propone un opera particolare che si dirama tra corde distorte, rumorismo e psichedelica barrettiana, come nella conclusiva “Almsgiving blues reprime”.
Il percorso musicale dei Polvere viene presentato in maniera metaforica dall’introduttiva “Rumors around polvere”, track capace di passare senza discrepanze, dall’ordine al disordine, attraverso un climax mai caotico ed eccessivo, che riesce a fare incrociare le vie dell’imprò con quelle dell’alternative country. Il materiale proposto dalla band si arricchisce dei suoni orientaleggianti di “Dust folk song#1” e di arie nipponiche di “7 8”, che si sviluppano su toniche di ampio respiro, inserite in imprevedibili cambi di direzione che caratterizzato tutto il nuovo lavoro del duo nostrano.

TRACKLIST:
1. rumors around polvere
2. dust folk sog#1
3. rice between clocks
4. 7 8
5. …and if you slan the door
6. almsgiving blue reprise

Bachi di pietra
“Non io”

La vera punta di diamante delle nuove proposte Wallace, sembra essere “Non io” dei Bachi di pietra. Dietro alla curiosa denominazione si nascondono Giovanni Succi alla voce, alle corde e legni pieni, affiancato da Bruno Dorella ai metalli, pelli e legni vuoti. Già dalle prime parole potete desumere che questo lavoro è di certo un elaborazione di alta qualità, perché il nome di Dorella, ormai da anni è sinonimo di pregio; basta voltarsi indietro e guardare OvO, Ronin, nonché la vita e i miracoli della label Bar la muerte. Inoltre, è anche vero che, leggendo la strumentazione utilizzata, si può presumere che il disco in questione non potrà che essere contrario alla banalizzazione della musica. Ma attenzione!… “Non io” è un prodotto di piacevole ascolto, fatto di melodie e pochi arrangiamente free. Un disco notevole, creato attorno ad eclettici ed ermetici testi, coperti di nebbia e malessere, vivi per merito di metafore e perifrasi oscure, che unite alla voce perfetta di Succi, offrono un opulento senso di smarrimento depressivo. Il teatrale sussurro del vocalist si erge in brani come “Casa di legno” e “Altri guasti” che insieme a “Fisica elementare” appaiono i brani migliori, con i loro suoni diluiti e pensosi, rinchiusi in una cella in cui rimbalzano senza trovare la serenità a cui anelano.
Insomma un disco che vive tra l’horrorifico inquieto quotidiano, la rabbia e la reazione derivata dalla qualità e non dalla casualità.

TRACKLIST:
1 Casa di legno
2 Altri guasti
3 Non io
4 Fisica elementare
5 Lunedì
6 Farfallazza
7 Check Life
8 Bastiano
9 Giorno perso
10 Ofelia

Bron y Aur
“millenovecentosettantatre”

Chiudiamo il nostro viaggio con Bron y Aur “millenovecentosettantatre”, anno della sonda Mars7, del triste golpe di augusto Pinochet e della morte di Salvador Allende. Il perché del titolo probabilmente lo possiamo ritrovare nel fatto che, sin dagli esordi del 1995, la band è sempre stata connotata come Seventies, per le loro reali influenze musicali, che evolute in avant-rock, free, jazz ed accenni barrettiani, sono partite dal fertile terreno degli anni settanta. L’extra mode cd contiene una breve presentazione al disco e qualche piccola chicca che si complementa alle sonorità tutt’altro che scontate. Nonostante ottime composizioni come “The beck” e “Cutting our teeth” capaci di avviluppare sonorità divergenti attraverso pochi e esemplici passaggi, talvolta appare innopportuno e ridondante il continuo richiamo al passato, piuttosto evidente in brani come “Mongrel dog”, tra quelli meno convincenti e “Andi” in cui i vocalismi di Luca Ciffo si indirizzano tediosamente verso il mondo prog. Un disco che, nonostante la cura ed il buon arrangiamento, si presenta con 15 brani (troppi e troppo) reminescenti, esplicitando il rischio di stancare.

TRACKLIST:

1. changing like the weather
2. lights out blues
3. the box
4. mongrel dog
5. muds
6. useless
7. chain gang
8. black samba
9. era luglio
10. andi
11. poi venne agosto
12. doom blues
13. e così passò l’estate
14. cutting our teeth
15. fly cia