W. A. Mozart – Così Fan tutte, recensione
Così Fan Tutte
O sia la scola degli amanti
Dramma giocoso in due atti di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Prima rappresentazione: Vienna, National-Hoftheater, 26 gennaio 1790
Fiordiligi: Elizabeth Schwarzkopf (soprano)
Dorabella: Christa Ludwig (mezzo-soprano)
Ferrando: Alfredo Kraus (tenore)
Guglielmo: Giuseppe Taddei (baritono)
Don Alfonso: Walter Berry (basso)
Despina: Hanny Steffek (soprano)
Philarmonia Orchestra and Chorus
Direttore d’Orchestra: Karl Böhm
Etichetta discografica: EMI
Registrazione in studio del 1962
Ritorno su quest’opera per segnalare una registrazione targata EMI che ho avuto occasione di ascoltare e che mi ha colpito da due punti di vista. Il primo è quello delle voci, quattro delle quali rappresentano delle eccellenze assolute. Il secondo è l’interpretazione del direttore Karl Bohm in confronto all’edizione video del 1992, diretta da Sir John Eliot Gardiner e recensita qualche mese fa.
Iniziamo dai cantanti. I ruoli dei quattro “ragazzi” sono affidati a veri fuoriclasse. Schwarzkopf, Ludwig, Kraus e Taddei – rispettivamente nei ruoli di Fiordiligi, Dorabella, Ferrando e Guglielmo – sono nomi che hanno fatto la storia del canto. Inutile inerpicarsi in noiose descrizioni delle loro immense qualità vocali; basti dire che ognuno di loro sfoggia una tecnica perfetta, un’emissione morbida, omogenea, sempre controllata e una musicalità straordinaria. Si tratta delle classiche voci leggendarie. Se proprio si deve spaccare il capello in quattro, Elizabeth Schwarzkopf mostra qualche piccola asprezza nel registro grave, ma è davvero poca cosa.
Ciò che è interessante approfondire è l’aspetto interpretativo: Giuseppe Taddei, Alfredo Kraus e Walter Berry riescono a cesellare il loro canto, dando ad ogni parola quel senso e quell’accento che consente di scolpire alla perfezione i loro rispettivi personaggi. Berry, pur essendo vocalmente meno in forma rispetto ai “magnifici quattro”, ha una capacità interpretativa al livello di Taddei e Kraus. Alla fine è risultato essere uno dei migliori Don Alfonso che abbia mai sentito.
Ludwig e Schwarzkopf cantano benissimo, tuttavia manca loro quel quid interpretativo che le porrebbe allo stesso livello di Kraus e soprattutto di Taddei e Berry. Creano bellissimi suoni, ma spesso non riescono a dare quell’accento che darebbe modo di delineare i loro personaggi allo stesso livello delle controparti maschili. Ovviamente stiamo sempre parlando di grandissimi cantanti! Solo la riuscita superlativa dei tre personaggi maschili che le affiancano rende evidenti queste “mancanze”.
Molto meno riuscita la Despina di Hanny Steffek. Nonostante vocalmente sia piuttosto in forma, si distingue per una quasi totale carenza di verve interpretativa, con problemi di fraseggio e pronuncia difficoltosa, che ne ha reso il canto decisamente poco espressivo. Il suo personaggio, infatti, ben lungi dall’essere un comprimario, dovrebbe mostrare diverse sfaccettature. E’ una donna intelligente, molto determinata, ma allo stesso tempo intrisa di una cinica amarezza presumibilmente dovuta a passate esperienze non molto felici. Ebbene tutto ciò è completamente assente nell’interpretazione della Steffek.
Si limita a cantare, senza aggiungere altro. E’ evidente che, accanto a interpreti di tale levatura, questa sua mancanza spicchi in modo nettissimo.
Anche la Philarmonia Orchestra si distingue per un altissimo livello nell’esecuzione. Il suono è caratterizzato da notevole trasparenza e mirabile chiarezza di fraseggio, in questo ben supportato dalla bellissima concertazione di Karl Bohm. Il grande maestro ha saputo trarre il meglio in particolare dall’ottima sezione dei fiati – segnatamente corni, oboi e clarinetti – che Mozart ha reso così importanti nella drammaturgia di questo capolavoro.
Anche il coro ha dato ottima prova di se’.
Purtroppo la direzione di Bohm – così perfetta dal punto di vista della concertazione – risulta troppo distaccata e poco teatrale. Spesso adotta tempi molto lenti, totalmente privi di tensione. Inoltre questa incisione è stata oggetto di numerosi tagli (diciamo pure mutilazioni), un’abitudine molto frequente in quell’epoca.
In questi due aspetti – scarsa teatralità e tagli indiscriminati nella partitura – sta la grande differenza fra questa edizione e quella diretta da Gardiner, eseguita secondo la prassi filologica, che ho recensito qualche mese fa. Il direttore inglese sottolinea continuamente l’aspetto teatrale, mantenendo costante la tensione lungo tutto lo svolgimento dell’opera.
Ciononostante, ascoltare questa edizione è di sicuro molto interessante, sia per l’altissimo livello tecnico di cantanti e orchestra, sia per comprendere come sia cambiata l’interpretazione di Mozart, e anche di altri autori, con la diffusione della prassi filologica.
La qualità tecnica dell’incisione è molto buona considerando che è stata effettuata nel 1962. Come è lecito aspettarsi, la risposta in frequenza non è estesissima e la dinamica non è all’altezza delle registrazioni più recenti; ciononostante la timbrica è corretta e il suono risulta sufficientemente dettagliato.