Voyageur – Kathleen Edwards – Recensione
Prendendo spunto dal titolo di questo disco e volendo considerare la musica come una sorta di viaggio, se fossi un agente turistico, mi piacerebbe consigliare ai miei clienti di percorrere itinerari meno battuti e di esplorare posti nuovi, per non rischiare di andare sempre negli stessi luoghi “stranoti”.
È quello che, con questa recensione vorrei tentare di fare, presentando questa cantante folk-rock veramente speciale che, tuttavia, almeno in Europa, stenta a trovare lo spazio che meriterebbe.
Miss Edwards, canadese, è arrivata a pubblicare con “Voyageur” il suo quarto disco, mostrando un’evoluzione pressoché costante, sia a livello di musica che di testi. Il suo disco di esordio “Failer” (titolo che già di per sé dimostrava il coraggio di osare) fu considerato eccezionale dalla critica e nonostante ciò lasciava ampio margine di miglioramento. Cosa che è appunto avvenuta sia con il successivo “Back to me”, ma soprattutto con “Asking for flowers” nel quale ci sono 2 o 3 pezzi (ballate in particolare) veramente da brivido.
Detto ciò le mie personali attese quindi erano elevate anche in questa occasione, tenendo anche conto che al suo fianco l’artista ha voluto per la produzione un certo Justin Vernon (in arte “Bon Iver”) che nel circuito indie è considerato un po’ un mezzo genio della musica “crepuscolare” elettro-folk.
Se prendete il primo singolo “Change the sheets”, ad esempio, e lo ascoltate magari davanti allo schermo (a “full screen” – con un paio di belle cuffie e possibilmente al buio) credo proprio che converrete con me che “la ragazza merita” una chance e magari più di un approfondimento.
Per chi volesse continuare ad emozionarsi varrebbe la pena anche godersi una piano ballad come “A soft place to land” – con bellissime harmony del succitato Vernon – dal tempo rallentato fino a metà canzone dove inizia un bridge dal ritmo leggermente più scandito e cesellato da piacevoli violini. Dolce come lo zucchero.
Non da meno anche la lullaby “House with an empty rooms”, dove Kathleen fa notare all’amore della sua vita che non c’è più il dialogo e non c’è più la passione di un tempo e ciò ha portato a scoprire che forse né lei né lui si conoscevano così bene come avevano sempre pensato. Malinconica.
Per puntare sul lato più rock prendiamo invece come bandiera la melodica “Sidecar” che con le sue chitarre elettriche in evidenza, ben mescolate agli strani riverberi così amati dal produttore, sarebbe una buona colonna sonora di una spensierata gita domenicale in un giorno di sole.
“Pink Champagne”, “Going to hell” e “For the record” (pezzo dilatato – di 7 minuti – con la voce di una certa Norah Jones sullo sfondo), una spanna in più sulle altre, finiscono di incorniciare “Voyageur” al meglio, dando al visitatore la netta sensazione che sia valsa la pena acquistare il biglietto di viaggio e magari anche la voglia di ritornarci per vedere meglio i particolari che inevitabilmente sfuggono il giorno della prima visita.