Vivaldi – Il cimento dell’armonia e dell’invenzione
Autore molto stimato da Bach, che è di sette anni più giovane, questo grande compositore nasce a Venezia nel 1678. In gioventù compie studi ecclesiastici e diviene sacerdote ma è dispensato, per ragioni di salute, dal celebrare i sacramenti, così diventa insegnante di violino presso il conservatorio dell’Ospedale della pietà.
Nel 1705 pubblica la prima raccolta, “Suonate da camera a tre”, nel 1712 pubblica una delle sue opere maggiori “L’estro Armonico” op.3.
Nel 1713 inizia la sua importante attività in campo operistico con la rappresentazione di “Ottone in Villa” presso il teatro di Vicenza.
Dal 1723 inizia a svolgere un’intensa attività al di fuori della sua Venezia. Pur ricca di punti oscuri, la sua biografia segnala in questo periodo parecchi spostamenti fra Roma (1723), Vienna (1729), Praga, e Amsterdam dove nel 1738 dirige un concerto comprendente anche musiche di sua composizione. Per motivi ignoti, dopo che in vita ebbe sperperato gli ingenti guadagni di un’attività feconda, muore in povertà a Vienna nel 1741.
“Il Cimento dell’Armonia e dell’Inventione” è l’opera ottava del compositore veneziano; apparsa ad Amsterdam presso il grande editore Le Cene, nel 1725 con dedica al conte Wenzel von Morzin, un cugino del futuro patron di Haydn, di cui Vivaldi era maestro dei concerti.
Questa raccolta di dodici concerti, per violino solo e accompagnamento, diede a Vivaldi, allora quarantasettenne, una popolarità eccezionale per l’epoca; una fortuna che coinvolse illustri appassionati quali il re Luigi XV e il filosofo Rousseau e che andò ben oltre la vita dell’autore.
Principale motore di questa popolarità furono indubbiamente i primi quattro concerti, dotati di un titolo proprio: “Le quattro stagioni”.
In parte già noti nella cerchia degli appassionati ed amici del musicista, “Le Quattro Stagioni” rappresentano uno dei primissimi esempi di musica descrittiva, ed un tentativo, riuscito, di liberare la musica da concerto dalle rigide strutture codificate, per lasciare spazio ad un’energia inventiva di cui sono veicolo e motivazione quattro sonetti ispiratori, forse opera dello stesso Vivaldi.
Si tratta di sonetti la cui qualità poetica è assai discutibile ma che hanno invece un forte contenuto narrativo, tanto che è diffusa, tra gli studiosi, l’ipotesi che “Le quattro stagioni” possano essere state, all’epoca, rappresentate anche in forma scenica.
La musica segue il testo con fedeltà, nel largo della “Primavera” il russare del capraio (violino solo) con i violini in orchestra che rappresentano il “caro mormorio di fronde e piante”; poi il suono della zampogna nell’allegro e poi via via tutti gli altri particolari. La logica imitativa prosegue lungo i quattro concerti con episodi stupefacenti, ironici, divertenti, fino al “Caminar sopra ‘l giaccio, e a passo lento” dell’allegro dell’Inverno con il ghiaccio che scricchiola sotto i piedi.
Ma non si lasci che gli elementi descrittivi prendano, all’ascolto, il sopravvento sulla bellezza delle composizioni, perché è per la bellezza dei suoni che questi concerti sono tanto celebri.
E non si lasci che “Le Quattro Stagioni” mettano in ombra gli altri concerti del “Cimento”: il ritmo sincopato dell’allegro del “Il Piacere” (concerto n.6) che dà alla composizione un delizioso e ambiguo andamento “ondeggiante”, le magnifiche armonie de “La Tempesta di Mare” (concerto n.5), la nobile allegria del concerto num.7 (senza titolo). Questa è, insomma, una raccolta di concerti straordinari, un flusso musicale a cui occorre abbandonarsi senza preconcetti.
Per quanto riguarda l’edizione discografica da preferire, se si parla delle sole Quattro Stagioni credo che ne esistano in commercio almeno un centinaio tra le quali spicca per originalità quella “scapigliata” del Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini (Teldec,1994), poi Pinnock (Archiv, 1982 rist. 2003) Carmignola (Sony, 1999). Volendo parlare dell’intera opera 8 (che sta in due cd) vale la pena di ricordare la classica edizione dei Musici (Philips, 1962) e la nuova edizione di Fabio Biondi con il complesso Europa Galante (Virgin, 2001), ma si tratta pur sempre di indicazioni parziali in un panorama di esecuzioni ampio e assai ricco di ottime interpretazioni.
Per completezza, visto che non tutti i booklet li riportano, ecco di seguito i sonetti delle “Stagioni”.
PRIMAVERA mi maggiore
Allegro
“Giunt’ è la Primavera e festosetti
La Salutan gl’ Augei con lieto canto,
E i fonti allo Spirar de’ Zeffiretti
Con dolce mormorio Scorrono intanto:
Vengon’ coprendo l’ aer di nero amanto
E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti
Indi tacendo questi, gl’ Augelletti;
Tornan’ di nuovo al lor canoro incanto:”
Largo
“E quindi sul fiorito ameno prato
Al caro mormorio di fronde e piante
Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.”
Allegro
“Di pastoral Zampogna al suon festante
Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
Di primavera all’ apparir brillante.”
ESTATE sol minore
Allegro non molto
“Sotto dura staggion dal sole accesa
Langue l’ huom, langue ‘l gregge, ed arde il Pino;
Scioglie il Cucco la Voce, e tosto intesa
Canta la Tortorella e ‘l gardellino.
Zeffiro dolce Spira, mà contesa
Muove Borea improviso al Suo vicino;
E piange il Pastorel, perche sospesa
Teme fiera borasca, e ‘l suo destino;”
Adagio e piano – Presto e forte
“Toglie alle membra lasse il Suo riposo
Il timore de’ Lampi, e tuoni fieri
E de mosche, e mosconi il Stuol furioso!”
Presto
“Ah che pur troppo i Suo timor Son veri
Tuona e fulmina il Ciel e grandioso
Tronca il capo alle Spiche e a’ grani alteri.”
AUTUNNO fa maggiore
Allegro
“Celebra il Vilanel con balli e Canti
Del felice raccolto il bel piacere
E del liquor de Bacco accesi tanti
Finiscono col Sonno il lor godere”
Adagio molto
“Fà ch’ ogn’ uno tralasci e balli e canti
L’ aria che temperata dà piacere,
E la Staggion ch’ invita tanti e tanti
D’ un dolcissimo Sonno al bel godere.”
Allegro
“I cacciator alla nov’ alba à caccia
Con corni, Schioppi, e canni escono fuore
Fugge la belua, e Seguono la traccia;
Già Sbigottita, e lassa al gran rumore
De’ Schioppi e canni, ferita minaccia
Languida di fuggir, mà oppressa muore.”
INVERNO fa minore
Allegro non molto
“Aggiacciato tremar trà neri algenti
Al Severo Spirar d’ orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento;
E pel Soverchio gel batter i denti;”
Largo
“Passar al foco i di quieti e contenti
Mentre la pioggia fuor bagna ben cento”
Allegro
“Caminar Sopra ‘l giaccio, e à passo lento
Per timor di cader gersene intenti;
Gir forte Sdruzziolar, cader à terra
Di nuove ir Sopra ‘l giaccio e correr forte
Sin ch’ il giaccio si rompe, e si disserra;
Sentir uscir dalle ferrate porte
Sirocco Borea, e tutti i Venti in guerra
Quest’ é ‘l verno, mà tal, che gioja apporte.”