Violassenzio “In dominio”, recensione
Come alcuni sanno, da qualche anno ho sposato la filosofia della qualità, pertanto sarà difficile (anche se non impossibile) che voi troviate recensioni firmate Loris Gualdi, in cui si parla in maniera ipernegativa dell’artista e del suo lavoro.
Infatti, tutti coloro che non si ritrovano all’interno delle mie righe, possono considerarsi vittime del processo relativo di analisi qualitativa. Questo controllo si fa poi cervellotico, quando si valuta l’ordine di arrivo del disco in redazione ed il suo formato; a questo sviluppo cronologico del lavoro si sommano poi elementi che mescolano oggettività ad una dose di inevitabile soggettività, legata al gusto estetico di packaging, cover art, booklet e groove, mescolato all’innovazione del suono e a ciò che il disco propone.
Detto questo, posso confessare che la recensione di questo Nel dominio avrebbe dovuto apparire tra qualche settimana, ma in alcuni casi la gerarchia salta in preda ad una serie di variabili che in questo caso sono state ampiamente influenzate dalle buone vibrazioni del più che convincente lavoro di cover art di Flavio Biagi. L’artista, capace di rappresentare un ferroso scorcio industriale, freddo, futurista ed inquieto, raccoglie in punta di china ed acquarello deliziose prospettive dinamiche.
Il disco, promosso dall’Alka Records per la New Modern Label, porta la firma dei Violassenzio, band estense di difficile collocazione nel panorama normalizzato del music business. Un combo di cinque accorti musicisti intenti ad inseguire un suono che non fa della convenzionalità la sua arma migliore, lasciando spazio aperto alle idee delle 14 tracce rese reali dall’allucinazione metaforica di un convincente concept, che fa leva sulla fantasmagoria lessicale di una fabbrica in cui si producono numeri. Sono proprio le cifre che fuoriescono dalle nubi industriali ad essere il fil rouge dell’album, da cui emergono iraconde e a tratti arrendevoli forze (In)capaci di limitare la potenza politico-economia che, come in un futuristico e nero romando di Philip Dick, fagocita i numeri di cui si cibano per il controllo dittatoriale del tutto.
Il romanzo musicale ha inizio con l’introduttiva Conto alla rovescia, una sorta di proemio in cui una voce recitativa racconta in maniera scarna e rassegnata il filo narrativo, che maggiora il senso di inquietudine a seguito dello sdoppiamento vocale, attraverso giochi ravvicinati di introduzione sonora. Senza soluzione di continuità si arriva poi al primo vero capitolo di questo opera narrativa, assestabile tra un alternativo uso distorto della chitarra ed una batteria asciutta e minimale.
Nello sviluppo sonico proposto sin dalle prime battute, ci si rivolge subito alla realtà underground italiana che, ad ascoltare i ragazzi ferraresi, per certi versi porta alla mente le modalità strutturali degli Sanporaz, attraverso funzionali i back voice della linea continuativa, tirata verso i numerosi cambi di direzioni che si fanno intensi sul finire della traccia.
In una sorta di narrazione visiva prima arriviamo Nelle Fabbriche , traccia che insegue un post alternative dai sentori Air, poi all’interno di una efficace marcia rock dall’anima cangiante, che appare in modo genuino in più brani del Platter. Il calibrato calpestio della sei corde appare poi un buon valore aggiunto, che non sdegna un sezione rumorisco-industriale, atta a raccontare un mondo ipnotico e meccanizzato, il cui sfondo ci dettaglia lo stabilimento dei numeri, proponendo partiture cicliche e deformanti
Se poi il sapore vintage di Il falso è andato oltre e il dolce racconto strumentale di Piano e solo donano alla tracklist una meritevole attenzione, brani come È un paese per vecchi e LA storia quando è numeri ci fanno pesare che questo disco rappresenti il miglior prodotto ad oggi dell’Alka Record Label
Un disco che viola le leggi dello status quo, ponendosi come rivoluzionario atto nei confronti del dominio e del condizionamento che i numeri finiscono per avere sulle azioni. Un’opera curata che per certi versi ha riversato sul mio ego le tragiche e disorientanti patologie di Pink, riuscendo nel suo piccolo a concretizzare un’impostazione musicale sognante e filmica.
Tracklist
1. Conto Alla Rovescia
2. Rinchiusi In Una Scatola
3. Nelle Fabbriche
4. Per Un Re
5. La Storia Quando E’ Numeri
6. Amo Chi Sogna
7. Nel Dominio pt1
8. Come Un Risveglio
9. Piano E Solo
10. Nel Buio Del Mio Salto
11. E’ Un Paese Per Vecchi
12. Il Falso E’ Andato Oltre
13. Nel Dominio pt2
14. Solo Nei Sogni