Urna – Iter ad lucem recensione.
Anche questa settimana continua il nostro viaggio all’interno del cosmo Atmf, label nostrana dedita all’extreme music. Oggi ci occuperemo di un ulteriore nuova uscita dell’etichetta triestina: “Iter ad lucem”, terzo e forse miglior album degli Urna. L’ensamble cagliaritana propone un sound che si assesta tra black e doom metal, attraversando territori prog e psichometal.
Un lavoro espresso attraverso sei corpose tracce, che non fanno mancare espressioni musicali vicine al funeral doom e al depressive.
Il disco si apre con i diciannove minuti di “Iter ad lucem”, titletrack suddivisa in due sezioni che hanno inizio all’interno di una rarefatta aria, definita dagli assoli di MZ, chiusi tra nebbie e oscurità, catalizzati da un cantato convincente e coinvolgente, capace di abbracciare l’ascoltatore e trascinarlo senza troppa difficoltà in questa suite introduttiva, tra sussurri e lancinanti sviluppi vocali.
All’interno della partitura, l’aureo funeral doom, appena sviluppato, si fonde a sonorità nordiche alquanto oppressive, ma al contempo estese e desertiche.
Naturalmente nei lunghi minuti iniziali, non potevano mancare alcuni cali di tensione, definiti attorno a cambi di direzioni a tratti poco armonizzati, come si palesa nell’ultima tranche del brano.
Spesso però le tempistiche rallentate sono dettate da una sezione ritmica chiusa nella sua geniale ossessività compositiva. Molte tracce, infatti, convincono tanto da avvolgerci nelle diluite e fredde lande oscure, evocate dalle nereggianti sonorità. Non mancano poi venature post, bagnate da imprò BM, che riescono a non isolare il genere all’interno dei tipici stereotipi.
“Iter ad lucem” matura poi sul finire verso linee di cantato che, grazie al fade out, lasciano il sapore di sospensione enigmatica, riaperta con “K-TH-R”. L’influenza lugubre e malinconica attanaglia gli otto minuti di buona musica, attraverso uno sfondo cinereo sfamato dalla sei corde. Queste sonorità occluse si ritrovano anche in “OM” e in “Sefira Malkurth”, che ha il merito di stordire l’astante con la sua partenza visionaria, portandoci verso un funeral style, che matura e si concretizza sul misterioso termine stilistico.
Un disco che, per essere goduto appieno, andrebbe ascoltato con l’attenzione di un saggio filosofico; si dovrebbe chiudere gli occhi per farsi trasportare dalle timbriche soniche, sino a visualizzare immagini ipnagogiche figlie delle nostre paure e delle nostre angosce.
Tracklist
1. Iter ad Lucem pt. I
2. Iter ad Lucem pt. II
3. K-TH-R
4. Om
5. Sefira Malkulth
6. untitled