Una Somma Di Piccole Cose – Niccolò Fabi
Sinceramente, non mi aspettavo da Niccolò Fabi una scelta di campo così coraggiosa.
Dopo aver girato l’Italia con Max Gazzè e Daniele Silvestri – quasi sempre sold out – il terreno poteva sembrare ormai fertile per pubblicare “il disco per sfondare definitivamente” e dirigersi verso un mainstream più radiofonico, magari mantenendo comunque la propria identità di cantastorie. E invece no. Questo artista romano ha “radicalizzato” ulteriormente la propria sensibilità scegliendo di fare un passo ancora più lungo nella direzione della semplicità e dell’essenzialità, ma anche di un maggiore ermetismo. E nell’era di Spotify, della musica del mordi e fuggi, di You tube e compagnia bella ha scelto di regalarci un album di pura poesia. Quanto di più lontano il mercato sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) richiedere.
Musicalmente “Una Somma Di Piccole Cose” è un disco folk di quelli che lasciano il segno: come base una chitarra acustica o un pianoforte, uniti alla sua voce e poco più, per fare da sfondo a testi profondi come sempre, ma a volte anche taglienti come lame. Niccolò, infatti, non usa mezzi termini quando denuncia, con la splendida “Ha perso la città”, le scelte di politici corrotti e amministratori che per propri interessi non hanno esitato a distruggere il territorio e le categorie più deboli (…“ha perso il calzolaio”).
In “Facciamo Finta” c’è sempre sullo sfondo il ricordo indelebile della sua piccola Lulù (prematuramente scomparsa ormai 6 anni fa), che aveva letteralmente dominato il suo imperdibile ultimo album “Ecco”. Strappa ancora una volta più di una lacrima quando alla fine dice “Facciamo finta che io torno a casa alla sera e tu ci sei ancora sul nostro divano blu, facciamo finta che poi ci abbracciamo e non ci lasciamo mai più”.
Le canzoni in generale, come accennavo prima, risultano però più criptiche del solito, nel senso che le singole frasi ed i singoli concetti espressi a volte sembrano ancora più slegati fra loro, rispetto a quanto l’autore non abbia fatto nei dischi precedenti. Così, il significato generale di ogni pezzo non risulta sempre facile da individuare, ma questo invece di togliere fascino al disco, in un certo senso, lo amplifica rendendolo ancora più misterioso, lasciando ad ognuno la voglia di approfondire, o di restare in superficie a seconda della propria sensibilità.
Nella canzone che dà il titolo all’album, messa in apertura, l’intensità è così forte da lasciare senza respiro grazie anche a una melodia avvolgente e, mentre progressivamente il ritmo iniziale accelera un po’, Fabi canta “Abbiamo due soluzioni: un bello asteroide e si riparte da zero o una somma di piccole cose, una somma di passi che arrivano a cento, di scelte sbagliate che ho capito col tempo, ogni voto buttato, ogni centimetro in più, come ogni minuto che abbiamo sprecato e che non ritornerà”.
Il dolce finale per piano e voce, di neanche 3 minuti, di “Vince chi molla” poi…è semplicemente fantastico.
Ogni pezzo, insomma, è come uno scrigno da aprire per raccoglierne carezze ed abbracci caldi che fanno bene al cuore (ascoltate ad esempio “Le Chiavi Di Casa” o ancora “Le Cose Non Si Mettono Bene”), in cui è ancora possibile riuscire a sentire nitidamente il rumore delle mani che scorrono sulle corde di una chitarra, volutamente mixato in primo piano per far apprezzare al massimo l’intimità di un disco che resterà come nuovo gioiello della discografia italiana.
Non dico altro.