Trio di Torino – Rachmaninov, Rubinstein e Taneyev
Nella Russia ottocentesca si svilupparono due scuole di pensiero musicale. La prima, di stampo nazionalistico, ebbe la sua espressione nel Gruppo dei Cinque, formato da Mussorgsky, che ne fu il massimo esponente, Rimskij-Korsakov, Balakirev, Borodin e Cui. La seconda, di stampo filo-occidentale, si riunì invece attorno al nome di Ciaikovsky e legò tra loro le carriere musicali di autori come Rubinstein, Liadov, Glazunov, Taneev e Rachmaninov, che guardarono sempre al cuore dell’Europa, ispirati prima dal romanticismo (Ciaikovsky, Rubinstein) e poi dai musicisti tardoromantici.
Questi due cd del Trio di Torino ci danno una panoramica significativa della corrente filo-occidentale della musica russa dell’ottocento, ed in questo senso vanno ascoltati e goduti.
Il primo cd riunisce il Trio n.3 op.52 di Anton Rubinstein (1829-1894) e il Trio op.22 di Sergei Taneyev (1856-1915), due opere che non è comune ascoltare in concerto né, tantomeno, trovare registrate.
Anton Rubinstein, da non confondere con il pianista polacco Artur (1887-1992), fu maestro di Ciaikovsky e pianista assai celebrato. Compositore fecondo lasciò più di centocinquanta partiture, in gran parte ancora in attesa di una corretta valutazione. Il suo Trio in si bemolle maggiore op.52, scritto a 28 anni, rimane comunque un’opera giovanile, di ascolto piacevole ma a cui manca una vera originalità, sebbene non si possa negare che episodi come quello dell’allegro moderato (terzo movimento) siano letteralmente affascinanti.
Sergei Taneyev, uomo di grandissima cultura, insegnante, famoso pianista e teorico musicale, fu allievo di Ciaikovsky e di Nikolaj Rubinstein (fratello di Anton) al conservatorio di Mosca e sarebbe diventato poi maestro di Rachmaninov. Il trio qui presentato, scritto nel 1906, a cinquant’anni, contiene elementi di grande freschezza, passaggi appassionati e sviluppi tematici originali (si veda in particolare l’ultimo movimento) che fanno apprezzare ancora di più questa registrazione che contribuisce a sollevare un poco il velo su questo filone della musica classica tardo romantica così poco frequentato.
Il secondo cd propone due trii per violino, violoncello e pianoforte di un artista molto più conosciuto dei precedenti: Sergei Rachmaninov (1873-1943), ultimo rappresentante della corrente tardoromantica, allievo di Taneyev, nato in Russia nel 1873, fuggito prima in Europa e poi negli Stati Uniti allo scoppio della rivoluzione e morto a Beverly Hills, in California nel 1943.
I due trii “Elegiaci” presentati in questo cd, sono rispettivamente del 1892 e del 1893. Si tratta di composizioni giovanili molto intense, che lasciano spazio, a tratti, al virtuosismo degli interpreti e che danno un’ottima visione dei caratteri principali dell’opera di questo compositore.
Il primo trio si dipana in un unico movimento della durata di circa 15 minuti, mentre il secondo è composto di tre movimenti della durata complessiva di circa 45 minuti. Il termine elegia indica nella musica una composizione dal tono lugubre e doloroso. Non a caso il secondo trio fu scritto sotto l’influsso dell’emozione provocata in Rachmaninov, allora ventenne, dalla morte di Ciaikovski.
Tutte le composizioni presentate in questi cd non potrebbero essere così interessanti se non ci fosse dietro un’interpretazione di grande statura. La performance del Trio di Torino è intensa, brillante senza la minima sbavatura.
Si apprezza soprattutto, in questa compagine nata circa dieci anni fa, formata attualmente dal violinista Sergio Lamberto, dal pianista Giacomo Fuga e dal violoncellista Umberto Clerici, il perfetto aplomb e la capacità di mantenere un equilibrio veramente ammirevole, dove ogni strumento trova un proprio ruolo definito; se si considera che tutte le composizioni presentate sono state scritte da concertisti che vedevano nel pianoforte l’assoluto protagonista del loro mondo musicale, questo sembra quasi un miracolo. L’esecuzione è sempre scorrevole, coinvolgente e non conosce mai cali di tensione. Che aggiungere, se non che mi sono ripromesso di precipitarmi ad ascoltarli dal vivo alla prima occasione?
Da osservare, infine, che la registrazione eseguita dai tecnici della RS è veramente straordinaria. Di solito evito non do molta importanza alla qualità della registrazione, preferendo prendere in considerazione la parte interpretativa. Personalmente non disdegno di acquistare cd mono con esecuzioni magari degli anni ’30, senza farmi troppi problemi per il fruscio o la mancanza degli alti e dei bassi. E devo dire che non amo nemmeno le molte registrazioni moderne che enfatizzano le frequenze estreme tanto da far poi dire agli spettatori dei concerti dal vivo (li ho sentiti con le mie orecchie!) che, rispetto al disco, mancavano gli alti (!). Ma nel caso di questi cd non si può non osservare la bellezza della registrazione, la perfetta localizzazione spaziale degli strumenti, la dinamica realistica e, soprattutto, quello che non hanno, e cioè quell’antipaticissima enfasi sulle alte frequenze. Ecco, sembra quasi un gioco di parole, ma questo è veramente un suono reale e, se mai un nome fu azzeccato, beh, Real Sound lo è!
Maurizio Germani
Marzo 2004
P.S.:
I casi della vita. Nel periodo intercorso tra la chiusura di questa recensione e la sua pubblicazione, la speranza di poterli ascoltare presto si è trasformata in realtà. C’è stato un loro concerto a Pavia e mi sono precipitato. Trii di Dvořák. Prima fila. Due cose vorrei aggiungere oggi a quanto già scritto. Primo: sono davvero bravi e anche simpatici e spero che abbiano il successo che meritano. Secondo: il loro ‘suono’ è proprio quello che si ascolta anche in cd; complimenti allo staff tecnico che li registra.