Tricky – Knowle West Boy

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Se il 2008 non è stato l’anno della rinascita del Trip Hop (e NON lo è stato…) sicuramente è stato l’anno in cui i musicisti che hanno fatto la storia del genere, si sono fatti largo a spallate nella melassa della produzione discografica mondiale. Morcheeba, U.N.K.L.E. (ovvero dj Shadow e James Lavelle) e Portishead sono già usciti con i nuovi lavori, i Massive Attack hanno girato l’Europa tutta l’estate per darci un assaggio del disco che dovrebbe uscire l’anno prossimo (titolo provvisorio LP5), Bjork ha seguito il loro esempio con una tournee mondiale che ha toccato anche l’Italia. Mancava l’eminenza grigia.

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E’ sempre stato interessante per me notare come il cosiddetto Trip Hop, fosse un melange astratto di generi diversi, a volte irriconoscibili, che doveva moltissimo alla musica nera, all’hip hop sicuramente, ed alle tecniche di cut’n paste che da questo derivavano. Ma la cosa realmente interessante è che tutti questi musicisti, pur essendo facilmente incasellabili in un genere, se ascoltati ed analizzati separatamente, non mostravano poi tanti punti in comune, nè da un punto di vista discografico, nè da quello iconografico. E così avevamo le psicosi cerebrali dei Massive Attack, la depressione vischiosa dei Portishead, il tecnicismo degli U.N.K.L.E., l’aura fiabesca di Bjork, l’easy listening socialmente impegnato dei Morcheeba e quello dance floor di Moloko. Inutile che faccia altri nomi, avete capito cosa intendo…

Tricky non faceva differenza, aveva un suo stile, che gli stampava in fronte l’etichetta trip hop, ma che gli iniettava sottopelle il blues. Da sempre, dall’uscita del gigantesco Maxinquaye, nel 1995, da quando rimasi stregato dalla voce di Martina Topley Bird, e dai suoni, dai samples di quel disco, la parola blues è quella che più mi viene in mente quando parlo di Tricky. Questa vena è andata sicuramente aumentando attraverso le produzioni dei dischi successivi, almeno fino ad Angels with Dirty Faces, per poi sfumare in qualcosa di più funky, forse, anche se parlare di cedimenti al mercato per questo musicista è assolutamente fuori luogo.

trickyE’ un po’ difficile giudicare i dischi di Tricky, perché è impossibile prescindere da quello che ha fatto, ed ancor più difficile far finta che il nostro cuore, la nostra anima non siano stati un po’ toccati dai suoi lavori usciti una decade fa (Maxinquaye, Nearly God, Pre-Millennium Tension). Difficile che ora siano toccati da qualsiasi altro disco, ora che sono resi coriacei dalla vita. Ma non si devono porre limiti alla provvidenza. O a Tricky. La grafica è assolutamente scarna, povera, assolutamente non studiata (davvero?) e per il povero recensore è e sarà difficile destreggiarsi tra gli artisti che hanno contribuito alla realizzazione dell’album, visto che sono semplicemente citati nei credits, senza che sia specificato cosa realmente abbiano fatto… fortuna che Internet ci viene in aiuto, e così scopriamo che all’album hanno partecipato due nomi italianissimi, Veronica Coassolo e Vincenzo LoRusso ma non è la prima volta che l’artista inglese utilizza nei suoi dischi voci italiane… lo fece anche in Vulnerable con Costanza Francavilla.

Knowle West Boy vuole essere il ritorno dell’artista ai luoghi dove è nato e cresciuto, edil disco è molto autobiografico, nelle tematiche e pure nelle autocitazioni soniche e musicali. Se credete che il termine blues non descriva bene questo lavoro, ascoltatevi l’iniziale Puppy Toy, in cui la voce roca e fumosa di Tricky dialoga/litiga con quella di una donna (Alex Mills) richiamando il tipico call & response di molta musica nera (hit the road jack). Il suono è molto acustico, e l’elettronica si sente in pochi e misurati inserti.

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La seguente Bacative ci riporta alle sonorità più recenti, di lavori come Vulnerable, ma in Joseph torna il blues, o meglio una sorta di hyperblues, ove il blues stesso va oltre lo stile “di genere”.

In Veronika (anche se altrove ho letto credits diversi…) la bella voce della italianissima Veronica Coassolo si regge su un tappeto di batteria, sola ma assolutamente solida. Ottima prova.

trickyCouncil Estate e C’mon Baby sono due funky/punky che ci faranno sicuramente muovele il culo e te teste come all’epoca fece Black Steel, mentre Past Mistake ci riporta ad atmosfere più liquide, dense di bassi. La vena blues/soul non si esaurisce, tornando nella bellissima, ipnotica Cross to Bear, e nella conclusiva School Gates.

Ma prima di chiudere il CD, si passa attraverso altri tre pezzi in cui l’adrenalina si alza, Baliganga e Far Away, la prima con un ragga violento ed isterico, la seconda con le chitarre bene in evidenza, a richiamare sonorità quasi new wave. Non può mancare, come in ogni disco di Tricky, una cover, anche se in questo caso stupisce un po’ il pezzo scelto… Slow, sì, proprio quello di Kylie Minogue, anche se, come sepre accade nei pezzi coverizzati dal nostro, risulta quasi irriconoscibile, e si deve fare una bella fatica per capire realmente di che pezzo si tratti.

E’ probabilmente un disco autobiografico, questo Knowle West Boy, anche se non è un riassunto delle puntate precedenti. Francamente vedo che Tricky si sta spostando sempre più verso musica “suonata”, verso quello che ho già definito hyperblues, una specie di cortocircuito tra la musica nera delle origini (il blues appunto) e la sua evoluzione (o involuzione) ovvero l’hip hop, il soul. Non mi stupirei se, tra qualche anno, lo vedessi suonare in giro solo con una chitarra, o al massimo un piccolo combo funky/blues.