Toumani Diabate & Ballake sissoko – New Ancient Strings
Questo CD non è l’ultimo uscito dello straordinario virtuoso maliano della Kora (arpa a 21 corde) Toumani Diabate, ma è, a mio parere, quello che più si avvicina alla perfezione. Dopo New Ancient String sono usciti due suoi nuovi lavori: Kulanjan (Hannibal, 1999), in collaborazione con il bluesman americano Taj Mahal, e Mali Cool (Universal, 2002), assieme al trombonista free jazz Rosvell Rudd. Purtroppo in entrambi i casi la presenza di Mahal e Rudd suona aliena alle atmosfere delicate e profondamente spirituali della musica di Toumani, nulla a che vedere con l’armonia che trapela dagli altri suoi lavori di contaminazione con il gruppo spagnolo di nuovo flamenco Ketama, Songhai (Hannibal, 1988) e Songhai 2 (Hannibal, 1994). Per completezza citiamo anche gli altri due lavori della discografia di Toumani, entrambi stupendi: il disco di solo kora Kaira (Hannibal, 1988) e lo stupendo lavoro strumentale in quartetto composto da kora, balafon (xilofono), n’goni (cordofono analogo alla chitarra) e bolon (cordofono analogo al nostro basso) il cui titolo è Djelika (Hannibal, 1995).
Torniamo a New Ancient String. Di Toumani Diabate abbiamo già detto. Djelimoussa Ballake Sissoko è il cugino di Toumani, ed è un altro Jeli, straordinario virtuoso della kora, il quale ha vissuto la sua infanzia e la sua giovinezza condividendo il cortile con la famiglia di Toumani. I loro padri erano anch’essi suonatori di kora, musicisti mitici (Sidiki Diabate accompagnava Sory Kandia Kouyate, forse il più grande cantante Mandengue dei tempi moderni e di cui si ha traccia registrata, ma questa è un’altra recensione) entrambi scomparsi, autori del primo disco di solo kora della storia, intitolato Cordes Anciennes (Syllart, 1970), disco simbolo dell’antica cultura del Mali suonato dalle emittenti radiofoniche nazionali ogni anno, durante il giorno dell’indipendenza.
Già le note tecniche di registrazione di New Ancient String permettono di capire cosa abbiamo tra le mani prima di iniziare l’ascolto: “Registrato al Palazzo dei Congressi di Bamako, Mali, il 23 settembre 1997 (giorno dell’indipendenza del Mali). Registrato alla risoluzione di 20 bit in un’acustica naturale, senza alcun riverbero artificiale”.Alcuni dei brani contenuti in questo CD sono gli stessi del disco dei loro padri, ma rivisitati in chiave contemporanea, a testimoniare l’evoluzione nel modo di concepire la kora e la musica mandengue negli ultimi 30 anni. Un’ultima notazione: non c’è traccia di influenza coloniale in nessuno dei brani, delle frasi e delle note di questo disco: solo due maestri e due kora.
Prima di iniziare l’ascolto bisogna preparare l’atmosfera, in modo che niente disturbi la musica. Sedetevi comodi, abbassate le luci, se vi piace bere qualcosa versatevi un bicchiere in modo da non dovervi alzare durante l’ascolto. Ed ecco fluire la musica. Le 42 corde delle due arpe cominciano a costruire l’intricato intreccio ritmico e melodico sulla scala pentatonale della musica mandengue, esponendo gli antichi temi e ritornandovi continuamente tra una variazione e l’altra, disegnando movimenti circolari che si intersecano tra loro, con sempre maggiore complessità ma senza alcuna sbavatura. Passano i minuti e vi accorgete di essere entrati in un universo parallelo, in profonda e beata meditazione. Ecco, questo è il suono della crescita dell’erba, dello sgorgare dell’acqua di sorgente, dell’intreccio dei movimenti molecolari nelle cellule … come può nascere una simile musica dalle distese di terra rossa spaccata dal sole dell’Africa Sub Sahariana?
Forse non è vero che vi sta venendo voglia di andare a vedere quei luoghi ed ascoltare quelle musiche di persona?