The Unsense
Il nome di Pandora, è da sempre legato alla vicenda della bellissima fanciulla creata da Efesto per ordine di Zeus, la quale, avvolta da quella curiosità che il dio Ermes donò alla donna, finì per aprire la via d’uscita a tutti i mali. Quella stessa curiosità deve essere elemento imprescindibile di tutti coloro che vorranno avvicinarsi agli The Unsense e al loro Il pifferaio di Pandora.
L’album, raccolto ad arte attorno alla matita di Corradi Roi, stimato illustratore di Dylan Dog, Brendon e Martyn Mystere, offre nel suo bianco nero uno sviluppo Toffoliano del surreale, ideale suggello della filosofia del libanese Kahlil Gibran
Metà di ciò che dico è insensato, ma lo dico perché l’altra metà possa raggiungervi
Ad aprire il disco sono le note basse di Intro, che si uniscono in maniera armonica alle alte sonorità di una chitarra che, in contro voce e sottovoce, definisce un buon groove alternativo e piacevole, tra appunti ventosi e cavalcanti, mixati senza soluzione di continuità al sapore retrò di Contact me. La seconda traccia è infatti ammorbidita da un aria piacevolmente demodè, fatta di grezza musicalità mescolata a delicatezza di tocco, dal quale fuoriesce una ben assestata sezione ritmica, in cui trova spazio la voce di Samuele Zarantonello, forse ancora poco a suo agio con la lingua anglosassone …ma lo pensavo anche di Pop kills your soul”
Nonostante qualche sbavatura linguistica, la voce si erge tra cicliche partiture di buon impatto, come dimostra l’outro proto surf rock di questa traccia, che ospita linee di cantato di difficile consumo. La buona predisposizione del vocalist emerge in maniera particolare tra le note pensose di Ritornerò e brucerò, data a battesimo da un rullante impietoso ed un aria assestata tra l’angoscia e la desertica timbrica. Una canzone ben riuscita, teatralizzata e convincente, nonostante estremizzazioni narrative come il violino di Pietro Boscacci, che a differenza del perfetto contrabbasso, è costretto a raccontare note sopra le righe.
Perfetta appare invece London track, traccia di immediato impatto sonoro, in cui Samuele sembra ricordare i giochi canori del più eclettico Serj Tankian, per un brano sporco e disturbato, che trae linfa vitale da una sonorità senza tempo, come la seguente Dying breed assorta e sussurrata alla maniera dei Bachi di Pietra, soffice e determinata grazie allo spatolante suono di overlay e ad un riff di chitarra pulito e postrock…di certo tra i brani meglio riusciti di questo Il pifferaio di Pandora; un disco che riesce a legge il futuro andando a ritroso con “Calori eterni I inrete irolaC”, idea provocatoria che farebbe perdere alcune notti al Centro culturale san Giorgio, se solo fosse inserito in un disco dei Deicide, e che invece sarebbe piaciuta a Mark Linkous se non avesse deciso di uccidere il suo talento.
Il disco di certo non annoia, affacciandosi su di un territorio che per certi versi riesce ad armonizzare la musicalità mediterranea con la psichedelia (The bitch song for dios) spaziando dal west end al western sound, provocando così la destabilizzazione dell’ascoltatore che ancora non pago, si ritrova a vivere il riff dejà senti di La Blues, tipica ossatura Classic Blues, in cui la voce si fa roca e al completo servizio della partitura.
Il viaggio volge al termine con un curioso divertissement rudimentale Indian sun, omaggio indiretto all’arte doorsiana, che si assopisce tra le sognati note di Crisalide, perfetto estratto dell’arte dei The unsense, folle, lucida e strumentale nei suoi passaggi a tratti ancora acerbi, ma sentiti e vivi.
… Ora rimane la sola decisione dicotomica …sta voi decidere se supportare o sopportare i The Unsense.
Tracklist
01. Intro
02. Contact me
03. Ritornerò e brucerò
04. London track
05. Dying breed
06. Calori eterni
07. The bitch song por dios
08. LA blues
09. My new direction
10. Indian sun
11. Crisalide
12. Il pifferaio di Pandora