The reverse
Grazie alla ormai salda collaborazione con la PoP Agency, abbiamo l’opportunità di recensire in anteprima l’interessante lavoro intitolato “The reverse”, album d’esordio dell’omonimo project di DJ Myke e Svedonio. Un disco complesso, completo e di una qualità sonora piuttosto alta. A contribuire alla buona riuscita dell’opera, probabilmente è valso il fatto che questo primo full-lenght del gruppo, è stato mixato al MayFair Studio di Londra da Nigel Godrich (Radiohead) e masterizzato nella cult location di Abbey Road Studios. La crew, che ha vissuto i primi natali in quel di Orvieto, promuove da tempo il turntablism made in Italy, che non può e non deve prescindere da una struttura fusion, jazz e blues, che spesso ritroviamo come ossatura all’interno di molte tra le tracks proposte.
“The reverse”, che uscirà il 31 maggio 2006 sotto l’ala distributrice della Wide Records, si nasconde dietro ad una cover art dal sapore trash anni ottanta, che cela un ensemble di ere musicali, controllate sapientemente da un predominante sapore dub, capace di ammantarsi di vesti elettroniche, hip pop e rock.
Sin dalle prime battute di “Esrever” e “Overdriver” si palesa una cervellotica ricerca di amalgama tra la cosiddetta dj culture sintetica (nel primo caso) o Scratchiante (nel secondo caso) con veri e propri veli sottili di funk, P-Funky, rocksteady e rock. Tra i brani migliori dell’album di certo emerge “Supersnakez”, una sorta di viatico tra “Fear of the black planet” dei Public Enemy e il mondo chimico di Ed Simons e Tom Rowlands.Di grande impatto sonoro sono parimenti la magnifica “Dark rain” e “I’m natural”. La prima raccoglie reminiscenze di rock sabbathiano, chiuse in un involucro post rock; “I’m natural” fa scoprire la dolcezza della voce di Sabrina Cimino che come in “Esrver” e la lisergica cover di “Immagine” si mostra come il valore aggiunto del disco.
Chiosando possiamo dire di essere di fronte ad un disco che racchiude in 16 tracce molto di più di quello che si riuscirebbe a dire in poche righe, forse per rendere giustizia alla band sarebbe necessario un analisi lirico-espressiva simile a quella fatta più volte da Giulio Nannini. Il tempo e lo spazio però non consentono altro che chiudere la recensione ponendo l’accento sulla cura di un prodotto che, a differenza di altri sui generis, non annoia ma riesce a stimolare una tempesta di sensazioni, probabilmente le stesse che hanno portato i The reverse a divenire guest del Prodigy tour.