The Ghiblis “Domino”, recensione

Questione di gusti… ma, sin da quando, nei tardivi anni ’80, misi sul piatto Summer Surf di Dick Dale, mi sono più volte ritrovato ad ascoltare musica Surf nelle sue più ampie sfaccettature, arrivando con naturalezza a Doo wop e Rockabilly.

Ho attraversato le facili armonie di Brian Wilson e Ronny & the Daytonas, passando inevitabilmente attraverso il revival legato al mondo di Quentin Tarantino. Oggi, con un dimenticato piacere, grazie ad Area Pirata Records, mi distacco dalle mie malsane sonorità estreme per tornare, dopo qualche tempo, a parlare delle onde legate alla musica Surf, qui raccontata dai The Ghiblis.

 

La band sembra voler a giocare con riverberi, clichè e giochi estetici, apparendo sin dalle prime battute ben calibrata tra volumi e profondità. Proprio grazie all’immediatezza il quartetto si offre al proprio pubblico attraverso maschere e paillettes, cariche di striature resofoniche, da cui nascono la giocosa attitudine di Slow grind e l’andamento cadenzato di No shortcuts, entrambe pronte a virare verso l’evocativa titletrack.

Il sound, composto e narrativo, si spinge poi verso gustosi rimandi filmici che, saggiamente, non tentano né di osare, né di commissionare eccessi sperimentali, ma al contrario, traccia dopo traccia, si confermano classic, pronti ad essere narrati dal sax di Dandy Lo, guidato da una sezione ritmica ordinata e da una sei corde avvolgente.

L’albo, “orgogliosamente anacronistico”, si affaccia, pertanto, sul mercato vestendo i panni di un disco godibile, che trova il suo apice espressivo nelle apertura emozionali di Oki Doki, che da sola vale il prezzo d’ingresso.

 

Track List

1) La Nana,
2) Danza del Toro,
3) Domino,
4) The Dachschund Walk,
5) Morpheus,
6) Slow Grind,
7) No Shortcuts,
8) Oki Doki,
9) Gonzo Twist,
10) Landing Place,
11) Yesega Wat