The Crystal Session, “The Crystal Session”, recensione

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All’ombra della della Seahorse Recording è comparsa un nuova realtà sonora, che porta con sé la magicità visionaria del dream pop. Un duo che senza troppi dubbi sarà accolto con interesse da coloro i quali già vivono le sonorità vicine a Cocteu Twins e perché no anche a coloro che, apprezzando il mondo Shogaze, stimano gli sviluppi sonori dei My bloody Valentine e Curve.

Nove tracce imperniate di visionaria oscurità; intercalazione di una rara poeticità onirica e rimandi gotici di grande impatto, proprio come il riuscito packaging. Infatti, il disco, racchiuso in un digipack a tasca, racconta attraverso gli scatti di Giovanni Albore, una destrutturazione del razionale, ben metaforizzata proprio dai tempi di esposizioni diluiti quanto i passi armonici delle composizioni.
L’ispirato duo si offre attraverso la vocalità eterea di un progetto tutt’altro che easy listening, ma di certo atmosferico e ricco di sfumature. Un ensemble di idee raccontate da Marinella Dipalma e Francesco De Palma, poliedrico artista dedito ad una forma elitaria di elettronica.

La struttura concettuale del disco appare graffiata da spazi diluiti e ridondanze corpose, che non disdegnano citazioni jazz e sensazioni trip (Hyperion), ben bilanciate da impronte gothico-liricheggianti ( Raven) e strutturazioni complesse e definite nel dettaglio (Opalescent).

Il disco, promosso dalla sempre attiva Lunatik, riesce a tracciare un sentiero scosceso, in cui si delinea un limbo focale di assoluto interesse, proprio come dimostra Countin’up to love, in cui i versi visionari, sembrano nascondere una costruzione emotiva di una trama che nulla lasciata al caso. Il tracciato sonoro pare proiettarsi con naturalezza su deformazioni rumoristiche che tornano in Watering, impreziosita da un pattern ammaliante quanto la magia compositiva di Narcolepshymn, traccia che, come altre, ma più di altre, riesce a deformare strutture granulari, in perfetta armonia alla delicatezza vocale di Marinella, pronta a riferire di cambi direzionali inattesi.

Un disco, dunque, che appare convinto della strada che ha iniziato a percorrere.