Terence Blanchard – A Tale of God’s Will (A Requiem for Katrina), recensione.
Musica per immagini, questo spesso fa Terence Blanchard.
Artista apprezzato e conosciuto nell’ambito del jazz contemporaneo, ha prodotto tuttavia i suoi lavori più interessanti all’interno del filone delle colonne sonore.
Da diversi anni infatti il nostro “mette in musica” i film di Spike Lee, pluripremiato regista americano, aiutando con la timbrica inconfondibile della sua tromba a creare quello stile e quella atmosfera che così tanto fanno la bellezza dei film di Spike Lee.
Uno su tutti “La 25° ora”, dove la musica, in particolare proprio la tromba di Terence Blanchard, spesso e volentieri diventa immaginifica tanto quanto una inquadratura vera e propria, mescolandosi alle scene e trasformandosi davvero in “colonna sonora portante” della storia e dell’intero film.
(Ancora ho davanti agli occhi e “nelle orecchie” la scena della macchina che corre con la bandiera americana al vento.)
Capacità davvero notevole del nostro, che riesce a creare colonne sonore che travalicano i limiti di genere ed iniziano a vivere di vita propria anche al di fuori di circuiti cinefili e “cinemaniaci”.
Anche questa volta, il lavoro musicale di T. B. prende spunto ed aiuta quello di Spike Lee.
In questo caso si tratta del documentario “When the Levees Broke”, sulla tragedia dell’allagamento di New Orleans. Produzione forte e secca come lo stile di Spike Lee riesce ad essere.
Questa volta il disco, però, ha vita propria ed, infatti, ha un altro titolo che potrebbe sembrare fatalistico se non si rinvenisse la sua vena cinica e caustica (c’è ben poco di “volontà divina” nell’incuria e nel mal governo dell’amministrazione Bush, colpevole prima di aver mal controllato e gestito gli argini del Missisipi, causandone la rottura, e poi di aver tardato ad avviare la macchina dei soccorsi aggravando, la già terribile tragedia).
Blanchard con questo disco vuole anche omaggiare la sua città natale, che tanto gli ha dato e che ora vede così in difficoltà; per farlo, per ricollegarsi al passato suo e di New Orleans, utilizza un particolare stile musicale:
far parlare dei fantasmi.
Lungo tutto il disco, di tanto in tanto, appaiono dei fantasmi, a ricordare luoghi o momenti tragici che New Orleans ha vissuto nel suo passato.
L’idea interessante è che nel ricordare questi momenti o luoghi, T.B. ricrea la musica e lo stile che avreste potuto sentire in quel luogo o in quel determinato momento.
Così il disco inizia con il fantasma di Congo Square, e veniamo riportati all’interno di quella famosa piazza con le sue musicalità afro e le ritmiche delle tipiche bande di strada.
Ne sentiremo altri di fantasmi lungo il disco, tra cui quello del 27 anno orribile per New Orleans, così come il fantasma di Betsy, nome gentile dato ad un uragano che nel 65 quasi distrusse la città.
Questo disco, oltre ad essere la colonna sonora del documentario di Spike Lee, come dicevo, vuole anche essere un saluto alla sua città e soprattutto un addio ai tanti morti di quei terribili giorni, un requiem appunto.
Per fare ciò T.B. usa, oltre al suo collaudato quintetto, anche la potenza evocativa di un’intera orchestra da lui stesso diretta, che riesce perfettamente a ricreare tutta la drammaticità che un disco del genere richiede.
Il disco ovviamente si affianca al documentario di Spike Lee, raccontando le diverse parti del film con altrettanti pezzi.
Sono quattro quelli in cui il disco si struttura e che si rimandano musicalmente tra loro, offrendo 4 diversi punti di vista:
“Leeves”, “Wading through”, “The water” e “Funeral dirge”; attorno a questi si snocciola tutto il disco.
Disco molto intenso e forte, che riesce a trasmettere tutte le emozioni e le sensazioni che deve aver provato in primis T.B., ma successivamente tutti gli abitanti di New Orleans all’arrivo delle acque e durante i terribili giorni a seguire.
Pur non guardando il documentario (che forse avrete visto qualche tempo fa su raitre, ovviamente ad orari improponibili) si riesce comunque a percepire molto bene che il disco tratta di qualcosa di molto triste e viscerale, pur tuttavia riesce ad essere di una drammaticità epica che colpisce i sentimenti più profondi, con quella tromba che davvero vi entra nelle ossa.
Lavoro davvero bello e profondo, non certo allegro, ma davvero intenso.
Se, come anche io ho fatto, partendo da questo lavoro vorrete scoprirne altri di T.B., vi anticipo che lo stile che ritroverete risulterà molto diverso, molto più ritmato e “free” rispetto alla struttura melodica di questo disco e di alcune sue colonne sonore, ma ovviamente comunque molto bello ed altrettanto interessante.
Ultima postilla:
Purtroppo in Italia non esiste ancora la versione tradotta del documentario, speriamo nel futuro!
Se qualcuno invece lo trova con audio in italiano, beh batta un colpo!