Tempesta di Fiori
È uscito da poco (queste parole sono di Agosto 2010) “Tempesta di Fiori”, l’ultimo album del musicista aretino che si è già meritato recensioni vibranti e sentite: come nel suo stile, il raffinatissimo Andrea Chimenti ha prodotto ancora un lavoro estremamente ricercato e all’insegna di un’orchestrazione di suoni che abbraccia strumenti classici (corde, fiati, percussioni, vibrafono, clavicembalo, accordion, per citarne alcuni) con quelli più tradizionali del rock, non ponendosi alcun limite espressivo o melodico: ogni strumento, ogni partitura, addensano la cifra emotiva e stilistica di ogni brano rendendolo unico e diverso dagli altri, efficace.
Eppure c’è un’unità stilistica molto forte in questi dodici pezzi, una risposta forse all’imperioso divieto contenuto nel titolo del suo album precedente (2004): “Vietato morire”. Vietatissimo, perché la vitalità e la rabbia gioiosa di esistere con cui “Tempesta di Fiori” contagia chi ascolta è un antidoto a ogni pessimismo e spleen, dove anche nei pezzi più cupi emerge un’energia potente, più convinta e omogenea che negli album precedenti. Forse perché in questo lavoro – come nella sua vita – ha scelto di essere più “semplice, diretto, senza barriere”, ci conferma Andrea.
E la potenza delle sue melodie e dei suoi testi sempre poetici e emozionanti è stata amplificata dalla collaborazione con due giovani musicisti di grande spessore della scena indie italiana: Stefano Cerisoli e Guglielmo R. Gagliano, ai quali Chimenti ha dato fiducia e libertà espressiva nella produzione del disco. Il risultato è una freschezza di sound all’interno di un tessuto musicale complesso e stratificato che comprende almeno quarant’anni di musica rock – con persino un omaggio alla lirica – ma senza citazioni evidenti di nessuno: l’originalità di questo album sorprende e ne consente un ascolto ripetuto, anzi, lo fa crescere nel tempo.
Bello e consolante che un cantautore che ha compiuto cinquant’anni abbia cose così interessanti da dire rispetto a certi suoi coetanei che continuano da sempre a fare i soliti quattro accordi. È una bella notizia per la musica italiana, speriamo che arrivi anche al pubblico più mainstream: di pezzi “immediati” ce ne sono parecchi, difficile scegliere un singolo anche se forse “Feroce e inerme” è quello che piacerà di più ai suoi vecchi fans. E batterà il vecchio cuore progressive di tutti noi che l’abbiamo stra-amata e stra-cantata: “Vorrei incontrarti”, splendida cover di Alan Sorrenti. Ma io credo anche in questa: “Qualcosa cambierà”, è un augurio da fare alla buona musica italiana, che possa crescere. E a giudicare da quello che ho ascoltato in anteprima del figlio di Andrea Chimenti, Francesco – session man di questo album come violoncellista – direi che abbiamo buone possibilità: teniamolo d’occhio questo ragazzo, ci stupirà come suo padre.
Monica Mazzitelli