Superhorror “Hit mania death”, recensione
Hanno cambiato nome ma non hanno cambiato atteggiamento.
Ma, lo dico in overture, non ho la minima intenzione di dilungarmi in preamboli biografici. Se volete sapere qualcosa in più sui Superhorror andate a leggere la mia precedente recensione..
Infatti, oggi, come raramente mi accade ho la necessità di andare immediatamente al dunque di un disco (relativamente) perfetto. Un disco a tratti arrogante, sgarbato, kitsch, grottesco… ma, di certo, divertente e godibile, grazie al quale potrete trovare un incredibile miriade di riferimenti posti tra rimandi iconografici in stile Misfits, arrivando ad inattese intuizioni folk-punk-rock.
Il nuovo mondo dei Superhorror parte dalle classiche contaminazioni punk rock (in cui emergono venature southern e iniziali note country) dell’opener Ready, steady…die, in cui la timbrica graffiata di Edward J. Freak torna al glam rock, qui ricamato su rimandi horror e assonanze piacevolmente legate al primissimo Manson (Mr. Rigor Mortis), in cui lo stile vocale del reverendo si palesa con riuscita naturalezza. L’album, a mio avviso definibile “di ottima qualità compositiva”, si affaccia al R’n’B con le note motleycrueiane di Ed Wood Blues per immergersi in un sound Dr. Feelgood, palesandosi così tra le composizioni più interessanti, non solo per il citazionismo filmico della lirica stessa, ma anche per le impronte sonore semplici e dirette che fungono da traino agli anelli meno brillanti come No Love for the Deceased , in cui le back voice deformano il buon riff giocando con note scarne di aderenza.
Il vento cambia poi direzione con l’anima acustica di Dead To Be Alive che, con i violini di Martino Pellegri e l’argentata vocalità di Emily Van Dark, offre una gemma che sorprende e coinvolge all’unisono. Ma non c’è tempo per elucubrare, perché con Rock Is Dead (like us) si torna a spingere sull’acceleratore rinnovando peraltro l’apocrifa biografia del quartetto, pronto a mostrare ancora una volta qualità e coerenza. Una coerenza che Lemmy avrebbe definito semplicemente rock, proprio come dimostrano le venature fifty di Nice to meat you che, tra ironia ed armonie, giunge nuovamente al mondo di Nikki Sixx, passando attraverso riusciti giochi di parole e reminiscenze Rocky Horror.
L’album, promosso da Logic (il)Logic e Atomic Stuff Promotion, offre un viaggio trasversale che sembra volersi fermare proprio in quegli anni 90 citati dalla buona opera di cover arte creata dallo stesso Freak. Un’opera pronta a giocare con suoni tesi (Mourir, C’est chic) che inseguono un trait d’union narrativo posto tra giocosità e i rimandi horror anni 20, giungendo a librarsi su suoni rock, pop, punk e funk oltrechè su citazioni Skid Row e stop and go granitici, spesso ben assestati, proprio come accade in Selfish Son of a Witch e nella danza macabra che i Superhorror mostrano sul finale.
Un disco che, soggettivamente parlando, mi ha conquistato immediatamente, non tanto per la cura e la qualità delle idee, quanto per un mood raro e credibile, che riesce a regalare emozioni e vibrazioni ottimali sin dal suo primo ascolto…nonostante qualche sbavatura del songwriting.
Tracklist
1. Ready, Steady… Die!
2. Nazi Nuns From Outer Space
3. Mr. Rigor Mortis
4. Ed Wood Blues
5. No Love For The Deceased
6. Dead To Be Alive
7. Rock Is Dead (Like Us)
8. Nice To Meat You
9. Little Scream Queen
10. Mourir, C’Est Chic
11. Selfish Son Of A Witch
12. Nekro-Nekro Gym