Sunken Condos – Donald Fagen. recensione cd
Donald Fagen è una vecchia volpe dello Show business.
Perfezionista quasi maniacale delle proprie produzioni, oltre quaranta anni fa (1971) dava alle stampe insieme ai suoi Steely Dan il bellissimo primo album “Can’t buy a thrill”.
Già all’epoca era facile presupporre che la voce della mitica “Do it again” avrebbe avuto un successo duraturo, poi effettivamente confermato anche nella decade successiva (1982) con quel magnifico esordio solista che fu “The Nightfly” (non per niente, il primo disco pop registrato in digitale). Da quel momento, le sue uscite sono state sempre centellinate, tanto che potremmo quasi definire ogni suo album un evento ed è certamente in tale alveo che si colloca anche questo suo quarto disco dal titolo, come sempre un po’ ricercato, Sunken Condos (condomini affondati…proprio come nella suggestiva copertina).
In questo sintetico quadro, quel che risulta più ammirevole è la fermezza granitica con la quale nel tempo Fagen ha mantenuto saldo il proprio stile (definibile come: pop jazz d’autore, ma in realtà molto più sofisticato), rimasto sostanzialmente intatto anche a distanze di tempo, discograficamente parlando, siderali. La straordinaria capacità di far suonare i suoi pezzi così melodici, con la cura estrema dei particolari sia a livello “canoro” (con quei coretti soul spettacolari) che musicale (stavolta nell’iniziale “Sliky Things” c’è perfino uno xilofono), è senza dubbio il suo pregio più grande. A questo si aggiunga l’ironia, quando non addirittura il sarcasmo, con la quale condisce i propri testi.
Se prendete ad esempio lo splendido singolo “I’m not the same without you” (certamente all’altezza di pezzi storici come “I.G.Y. o “Tomorrow’s girls”) , dedicato alla fine di un rapporto ed alla capacità di dover “riarrangiare” la propria vita, ci sono tutti gli ingredienti per assaporare a pieno l’estro di questo dandy del New Jersey. L’armonica che ogni tanto fa capolino sullo sfondo è l’elemento in grado di fare la differenza e trasformare un brano già ottimo in speciale.
La cover di Isaac Hayes “Out of the ghetto”, splendido uptempo tutto funky, è una gioiello che certamente non passa inosservato, così come non lasciano indifferenti i raffinati tappeti di fiati della radiofonica e sorniona “Weather in my head” (la chitarra elettrica è fantastica!!). Il pezzo è giocato sulla metafora del tempo meteorologico con quello che ognuno ha dentro, che muove ogni passione umana, ed è per questo che dichiara come “aggiustare” il secondo sia sostanzialmente ancor più difficile rispetto al primo. Il resto del disco, poi, scorre via così piacevolmente che non è facile trovare punti deboli.
Per dirla in breve: Sunken Condos è un album di classe, fra i più belli di Fagen, che dimostrano come alcuni artisti riescano a dare il meglio di sé con la maturità ed addirittura la speranza che qualcosa in futuro possa ancora migliorare, senza mai cullarsi sugli allori dell’assai più ordinario “campare di rendita” di altri colleghi.