Six Minutes War Madness-Full Fathom six, recensione
Per chi ancora stolto ed ingenuo non conoscesse i mitologici Six Minute War Madness, dedichiamo le prime scarne righe d’incipit ad un excursus bonsai relativo all’aspetto storiografico della band. Il gruppo (fondamentalmente) noise, proveniente da Milano, ha trovato le sue dolci primavere tra il 1992, anno di nascita, ed il 2002, periodo di chiusura dell’eclettico progetto di Xabier Iriondo, Federico Ciappini, Paolo Cantù, Massimo Marini e Daniele Misirliyan.
In quei primi anni di follia compositiva il combo ha maturato gli intenti attorno al 7 pollici d’esordio “Holy Joe/eversong”, per poi annidarsi attorno ad unomonimo full legnht. Senza vedere troppa acqua scorrere sotto i ponti la band regala alle stampe prima “Il vuoto elettrico” e poi una vera perla compositiva conosciuta sotto il nome “Full Fathom six”, oggi ristampata in versione extended-deluxe dal trittico Wallace/Il Verso del Cinghiale/Santeri.
Ma era necessaria questa ristampa?
A dire il vero, prima di sentire il doppio disco, non ne avevo la minima idea! Anzi…personalmente non sono mai troppo favorevole alle ristampe (non solo nell’abito musicale), forse avrei preferito una collection di sole rarità o magari qualche nuovo brano, perché il disco appartiene al suo tempo così come è, e non al catapultato futuro, che solitamente non riesce ad accoglierlo con naturalezza. L’altro lato della medaglia è però rappresentata dalla necessità di divulgare, di alloggiare le richieste dei fan, oppure di fornire una versione modernizzata del suono.
Insomma una doppia lama che lascia aperta la fessura nei confronti di divergenti punti di vista.
Pertanto a prescindere dalla urgenza e dall’obbligatorietà di questa ristampa, ci (ri)troviamo di fronte ad un disco essenziale nell’ambito out rock, che chi non ha ancora ascoltato, ha l’obbligo morale di annetterlo a sé, per godere di tracce tanto geniali, quanto senza compromessi.
Il cd sfoggia una tra le migliori forze alternative degli ultimi anni, come dimostra la magnifica traccia iniziale “Incubi”, che solleva un inquietudine interiore ed ansiogena, velata di verismo e al contempo di oniricità, con le sue ripetizioni tipiche del mondo morfeico.Come nei peggiori pensieri, la vocalità sussurrata acuisce il senso di disperato disorientamento, allineato attraverso alcuni picchi sonori di un post noise ben calibrato. Il disco scorre via frastagliato tra una serie di untitled, semplici e allo stesso istante complessi, che raccolgono voglie noisy attorno a curiosi microbrani, che talvolta lasciano libera la strada per esplosioni artistiche, come accade per “Uomini cattivi non ho più l’eta per lasciarvi vivi”, una delle migliori tracce dell’album, grezzamente trasporta dallo spirito dei primi Afterhours, da cui Iriondo proviene. Passaggi sgarbati e importunanti, definiscono una linea di cantato aperta che procede verso un’originale alternanza tra urla e sussurrii.
Se è vero che la titletrack offre spazio ad un indie-space, è altrettanto vero che la sezione ritmica volutamente malcerta offre, in collaborazione con il variabile incedere della chitarra, un climax ondulatorio, arrivando a porgere una pienezza musicata delineata attorno ad un’andatura schizofrenica, che combatte noia e routine.
Non mancano poi momenti di acida dolcezza in emersione da “Un filo di vita” e dalla dolce nenia post rock “VI Moravia”, che con i suoi 10 minuti, funge da camera di decompressione di un rumorismo acquatico, variabile ed inusual,e che arriva alla completa deflagrazione con “Prima noia” puro noise dagli intarsi elettronici .
Oltre allo sviluppo originale di 10 anni addietro la Wallace e soci offrono una serie di corposi regali, che vanno ben oltre al live al Bloom di Mezzago, del maggio 2000. Infatti a corredo dell’originale elefante in bianco e nero, fan, curiosi e neofiti potranno trovare ben 18 tracce bonus estratte da curiosi e rarissimi demo del 1992 e pre-produzioni da collezione. A tutto ciò si aggiunge il primo Ep “Lubrificant for your mind”, che il gruppo pubblicò all’inizio della sua carriera ”, brani tratti da alcune compilation e dulcis in fundo il live a Radio Popolare del febbraio 1998.
Insomma un excursus storico di indubbio valore, racchiuso in un digipack in cui, il gruppo agli esordi ci trasporta con il suo noise perforante ad un oggi che purtroppo è solo ieri , in attesa di un futuro tanto incerto quanto indefinito.