Sin/Cos “Parallelograms”, recensione
Anche il packaging vuole la sua parte: lucido, a doppia tasca e minimale. Un confezionamento lineare e ben definito, in cui si nascondono approcci grafici basilari, sviluppati dal pentacolo sinergirgico di Anemic Dracula, Disken, Collettivo Hmcf, Modernista e SferaCubica, anime cardine di questo eclettico progetto nato dalla mente creativa di Paolo Torreggiani. L’artista, in arte Maolo, corazzato da un curioso substrato altronico, arriva a ricreare atmosfere senza particolari riferimenti sonori e al contempo giunge a vestirsi delle intuizioni grafiche di Iacopo Gradasci, abile nel presentare il viso di un disco apolide.
Il full lenght, pur apparendo senza reali confini, sembra dover qualcosa all’arte elettronica d’oltremanica, anche per merito all’apporto direttivo di Lorenzo Nada, anch’esso alla ricerca di fulcri espressivi di matrice armonica, qui inondata di vocoder e harmonizzazioni.
Tutto ha principio con l’ossimoro iniziatico di Epilog, traccia dall’elettronica minimale, pronta ad incrociare le proprie venature con un curioso pop dance. L’opener, partendo dalla fine, sembra difatti ritrovarsi nei meandri anni’80, animati dalla voce tagliata e sussurrante, tra controcanti funzionali e freddezza esecutiva.
Tra un beat spezzato in rapstyle e una mescolanza di basse note, ritroviamo i ricami sintetici di Away, brano la cui ridondanza pare detatta da loop significativi, in grado di lasciare un adeguato spazio narrativo, inatteso, ma riuscito, proprio come lo scratching terminale. Se poi con Asteroid sembra evidenziarsi uno stranito rimando al mondo di Frankie goes to Hollywood (qui animato da spiriti lounge e drum’n’bass), è con le sonorità lineari di Orchid che si giunge ad effetti collaterali melanconici e per certi versi ossessivi. Striature metaforiche e vintage, atte a raccontare uno dei migliori brani dell’opera. Paolo Torreggiani e Vittorio Marchetti sembrano, infatti, voler offrire linee vocali inquiete, costruendo processi di deformazione che restituiscono sensazioni dai colori artici, qui mitigati dai violini di Federico Spadoni.
Il mondo surreale dei Son/Cos si fa poi scomposto e visionario con i toni dilatati di Armanian, i cui riflessi cripto noise aprono alla splendida vocalità trip hop di Laura Loriga; a questo si aggiunge il forte impatto emotivo di Romer, a cui si uniscono, in un invisibile fil rouge, le impronte reverse e i rimandi tribal di Domaine.
Successivamente non mancano certo splendidi passaggi nereggianti ( Corpses) né l’atteso approccio onirico ( Paxis ), che va a confermare le spezie ossessive di Summer ends, prosecuzione folle di Dropping, con cui la band arriva a chiudere gli spigoli dell’album, attraverso un brano efficace, proprio come l’interezza di Parallelograms , opera significativa dalle molte rifiniture cromatiche, da godere attraverso le immagini sognanti dei nostri occhi serrati.