Silvia Conti – A piedi nudi. Recensione
Il titolo per esteso di questa bellissima prova d’artista è “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)”. Un bellissimo nuovo disco per la cantautrice toscana Silvia Conti, lontana da anni dalle scene italiane e tornata oggi per mano della RadiciMusic Records di Firenze con un lavoro coloratissimo, esteticamente affascinante e da un contenuto davvero importante. Sono 11 tracce di cui 2 grandi omaggi: il primo che incontriamo è “Dancing Barefoot” di Patti Smith e poi a chiudere una versione giocherellona di “All togheter now” dei Beatles. Ma per il resto la farina è del sacco di Silvia Conti che lancia petardi che non fanno rumore ma soltanto poesia. Sono canzoni sociali, assolutamente sociali direi. Dal singolo “Tom Tom” alla bellissima “Il canto della scimmia” (e qui i rimando sono numerosi), per arrivare a introspezioni più intime e tribali come “Visioni”. Su tutte punto il dito sulla primissima traccia che è una lettura su una voce che dal tappeto decanta i titoli di grandissimi dischi della storia. Si intitola “Mi minore dalla Leiti” ed è un po come a dire alle nuove generazioni: ascoltate questi dischi e poi ne riparliamo. Una vera sfida per la propria discoteca personale. Un ascolto prodotto come si deve, che sfoglia anche soluzioni melodiche che sembrano già sentite ma che in realtà acquistano personalità e unicità. In fondo quando capita di ascoltare canzoni importanti alla fine ci viene sempre da ricondurla a qualcosa che abbiamo incontrato in passato. E questo disco non fa eccezione. Davvero una bella prova d’autore. Ma diamo voce a Silvia Conti per gli amici di Music On Tnt.
Silvia Conti oggi. Un ritorno di scena. Possiamo dire che questo disco in fondo è un nuovo esordio?
Si, possiamo dirlo. E’ veramente un nuovo esordio, un nuovo inizio, come non manco di sottolineare nel brano di apertura del disco, “Mi minore dalla Leti”. E’ un ritorno in scena però solo discograficamente parlando perché in tutti questi anni ho sempre lavorato, sono sempre stata presente.
Bella l’immagine che evocano i “piedi nudi”. Non solo come titolo di un disco ma anche come immagini del booklet. Che significano per te?
I piedi nudi della copertina sono i miei e rappresentano molto. Mi spiego meglio: il titolo è nato prima di tutto il resto del lavoro, volevo fare qualcosa che mi rappresentasse completamente e guardando i miei piedi, il modo personale che ho di acconciarli, con gli anelli e tutti colorati, mi è venuta in mente quella che sarebbe stata la copertina dell’album. L’immagine che un artista sceglie per presentarsi è un po’ come l’abito, giusto? Racconta di te, di quello che sei.
Canzone d’autore oggi: se non passi dai Talent e dalla televisione, esiste comunque un senso? Lo chiedo a te vista la lunga carriera che hai alle spalle…
Credo che il senso sia indipendente dal contesto perché siamo noi che lo diamo a ciò che facciamo. La televisione è importante oggi come lo era in passato e i Talent sono quello che una volta erano i concorsi per voci nuove, non c’è niente di così diverso o nuovo. Cambiano solo i modi, così come cambia il resto ma la sostanza, più o meno, resta la stessa.
Torna anche tra le tue righe la figura della scimmia. Insomma, culturalmente parlando, siamo di fronte ad una involuzione della specie o sbaglio?
Più che di involuzione parlerei di inadeguatezza. Come diceva Desmond Morris ne “La scimmia nuda” l’uomo ha costruito un mondo nel quale, culturalmente, non è in grado di abitare. Se ci pensi bene è una cosa terribile ma io sono fiduciosa.
Mi incuriosisce proprio il titolo e anche la forma canzone della prima traccia: “Mi minore dalla Leti”. Ce la spieghi?
Il titolo si riferisce semplicemente al luogo dove la canzone stessa è nata, o meglio, una parte di questa. Era una bellissima mattina d’estate e Roberto Mangione (il mio compagno e direttore musicale del lavoro) e io eravamo a casa della nostra amica Letizia a Suvereto; mentre lei e io chiacchieravamo Roberto ha composto la musica. E’ stato solo successivamente, tornati a casa, che abbiamo scelto di usare quella musica per fare una sorta di dichiarazione d’intenti, una presentazione di quello che è tutto il disco.
Ci piace pensare che chi lo ascolta entri nel nostro mondo.