Sigur Ros. Lo sguardo oltre la musica
“Oggi come oggi è tutto veloce e si cerca sempre la gratificazione istantanea, noi volevamo fare qualcosa che fosse esattamente l’opposto”.
Non dimenticherò mai il mio primo live dei Sigur Ros. Quella sera Villa Arconati sembrava immersa in una magica aurea. Era l’immacolato tour di (), le cui note risuonavano sotto la tensostruttura affollata da sguardi osservanti. Quella sera notai come l’ipnotico DNA della band islandese riuscisse a creare nelle menti degli astanti un incanto simile al dolce suono delle sirene decantate da Omero.
Da quel giorno, soggettivamente parlando, non ho più abbandonato i suoni di Jonsi, neppure quando con Með suð í eyrum við spilum endalaust ha deciso di imboccare un sentiero più popular.
Data la premessa, pertanto, non potevo certo esimermi dal recensire questo nuovissimo Sigur Ros. Lo sguardo oltre la musica. Edito da VME (Villaggio Maori Edizioni), l’opera di Carmelo Lombardo racconta il mondo della band nordica attraverso un’impostazione curiosa e riuscita che a tratti ricorda proprio il citato quinto album. Infatti, esattamente come il disco del 2008, il libro si divide in due lati: uno più pop(peggiante) ed uno più aulico ed ipnotico. La prima parte del libro, a mio avviso straordinaria, racconta ai lettori curiosi (e non solo a fans indefessi della band) l’habitat antropologico e sociologico in cui nascono e fioriscono le idee e le note dei Sigur Ros. Infatti, Lombardo ci invita a ragionare su di un’interessante dissertazione linguistica che, partendo da Levi-Strauss giunge a Chomsky, attraversando le lande desolate e misteriose dell’evoluzione linguistica, ponendo il discorrere sull’asse del tempo. Un viaggio breve e perfetto, che invita l’astante a ridefinire i contorni dei linguaggi artificiali, matrice iniziatica della band.
Partendo dall’onirica lingua Vonlenska, infatti, il trio è riuscito a “svuotare di componente semantica i propri brani e puntare l’attenzione esclusivamente sulla parte musicale”. Una comunicazione emozionale che viene interconnessa dall’autore al concetto di videoarte, tematica warholiana che trova terreno fertile nelle idee esposte, poco prima di virare verso un più classico andamento biografico.
A complementare l’opera è, infine, una lunga sezione dedicata al Valtari Mistery Film Experiment, curiosa iniziativa artistica in merito alla quale la band decise di contattare 12 registi, chiedendo loro di creare liberamente testi filmici che potessero essere in qualche modo correlati con il mondo dei Sigur Ros. Un mondo in grado di deformare la linea della realtà, per poter portare l’ascoltatore ad astrarsi da una quotidianità fagocitante.