Shostakovich – Integrale delle sinfonie.
La Brilliant si posiziona, nel mercato discografico, tra quelle case editrici, come la Naxos o come la Capriccio, che propongono edizioni di musica classica, spesso di rilievo, a prezzi veramente imbattibili. Questa edizione delle sinfonie di Shostakovich in 11 (undici) cd può essere acquistata ad un costo inferiore a quello di due cd a prezzo pieno, ma non basta, a differenza di quello che ci si potrebbe aspettare dai soldi spesi, non siamo di fronte ad un’edizione arrangiata alla bene meglio, stiamo parlando di un’edizione più volte premiata dalla critica musicale e che probabilmente è la migliore presente sul mercato. Con questo biglietto da visita in mano, adesso possiamo andare ad esplorare meglio il contenuto di questo corposo cofanetto.
Il mondo delle sinfonie di Shostakovich (San Pietroburgo 1906 – Mosca 1975) è veramente ricco e complesso. Questo grande compositore scrisse tra il 1926 ed il 1972 ben quindici sinfonie che, attraversando la parte centrale del secolo scorso, ne raccolgono gli umori, le paure, le gioie e gli orrori confondendosi alle vicende personali d’un autore dei più interessanti che il Novecento abbia conosciuto. Ripercorrendo l’intera parabola delle sue sinfonie si entra in un mondo di straordinaria ricchezza interiore che forse solo oggi, a trent’anni dalla sua morte e ad una quindicina dalla fine della guerra fredda, possiamo veramente comprendere ed apprezzare.
La storia inizia nel 1926, quando a diciannove (!) anni Shostakovich scrive la sua prima sinfonia; un capolavoro, della quale il direttore della prima esecuzione, Nicolai Malko, dirà d’avere avuto già allora “la coscienza di aver aperto una nuova pagina nella storia della musica”. Rudolf Barshai, il direttore dell’edizione Brilliant qui commentata, può essere ritenuto uno specialista del sinfonismo di Shostakovich, in particolare ebbe modo di dirigere la prima esecuzione assoluta della quattordicesima e di collaborare personalmente con il compositore. Riguardo alla prima sinfonia l’interpretazione iconoclasta e lucida che ne dà mi sembra davvero un capolavoro di finezza.
Alla prima seguono tre sinfonie assolutamente geniali (che Barshai interpreta ai massimi livelli), ma anche troppo sperimentali per il gusto del regime che allora governava l’Unione Sovietica: si era in quegli anni nel pieno del “realismo socialista”. Anche a seguito di un devastante articolo denigratorio della Pravda sulla sua opera Lady Macbeth, Shostakovich cade in disgrazia. Sono gli anni delle purghe staliniane, essere in disgrazia può voler dire qualcosa di più che perdere il posto di lavoro, può voler dire essere sbattuti su un treno diretto in Siberia e creparvi di stenti.
In quel clima non certo sereno Shostakovich sforna un capolavoro dopo l’altro e, sebbene apparentemente “imbavagliato” dalle imposizioni del regime, con la quinta scrive una sinfonia che vuole riflettere sullo sviluppo della personalità umana e che può essere oggi letta come la profonda, amara e disperata riflessione di un grande messo in catene: la sinfonia, del 1937 reca come avvilente sottotitolo: “Risposta di un compositore sovietico a una giusta critica”. Con quest’opera, che ebbe un notevole successo anche all’epoca della sua prima esecuzione, Shostakovich rinuncia agli atteggiamenti più sperimentali e rientra nei ranghi di un’applicazione formale dei canoni musicali classici ma senza per questo rinunciare ad una estrema complessità d’impianto. Per quanto riguarda l’esecuzione devo osservare l’estrema lucidità analitica di Barshai che scopre in questa sinfonia dei nervi “cubisti” dove la versione di Bernstein (CBS, 1979) si limita a mettere in rilievo una generica cupezza.
La sesta (1939) può essere vista come una sinfonia di transizione verso le grandi opere del periodo bellico. Doveva essere un omaggio a Lenin ma poi qualcosa fece cambiare idea al compositore. Ne uscì una strana composizione in tre movimenti, fatta di un primo movimento lento (largo), pomposo e stancante che dura ben più di metà dell’intera sinfonia seguito da due movimenti veloci e dall’intento parodistico che in un omaggio a Lenin avrebbero potuto sembrare ben poco rispettosi. In particolare il terzo movimento (presto) può ricordare certe musiche da rivista leggera. Il pubblico dell’epoca fu disorientato ed anche noi lo siamo.
La settima (1942) detta “Leningrado” e dedicata alla città assediata dalle forze tedesche (per qualcuno anche alla Leningrado di qualche anno prima funestata dalle purghe staliniane) e l’ottava (1943) monumento alla disperazione scritto nel pieno del periodo dell’offensiva tedesca su Stalingrado, entrano a far parte di quel numero ristretto di opere d’arte che, come il War Requiem (1962) di Britten, le Metamorphosen (1945) di Richard Strauss, e Guernica di Picasso costituiscono un atto civile e culturale di dolore e di ribellione nei confronti di un evento insensato come la guerra.
La nona (1945) avrebbe potuto, forse dovuto, essere l’apoteosi di Stalin, la celebrazione del Piccolo Padre che aveva liberato la Patria e vinto la guerra contro il mostro nazista; a quanto pare Stalin se lo aspettava. Invece di un gigante pomposo e magniloquente Shostakovich scrisse una piccola sinfonia di una trentina di minuti dai toni leggeri, di gusto deliziosamente neoclassico, che non è mai piaciuta alla critica ed ha provocato, pare, la collera del dittatore (bisognerebbe aprire un dibattito sugli “omaggi” di Shostakovich ai dittatori perché, a pensarci bene, anche la sesta…).Forse oggi, la nona, meriterebbe una decisa rivalutazione, in ogni caso Barshai ne ricava un piccolo gioiello interpretativo.
Alla nona seguono otto anni senza nuove sinfonie, solo nel 1953 a Leningrado si esegue per la prima volta la Decima. Una sinfonia scritta nei mesi immediatamente successivi alla morte di Stalin e rappresentata in un clima culturale più libero in cui gli artisti erano addirittura esortati dall’organo di partito, Pravda, a lottare per “indipendenza, coraggio e sperimentazione”. La decima è una sinfonia dai toni drammatici che si conclude con un messaggio di speranza in un Allegro conclusivo dai toni solari; in questo sviluppo qualcuno vede un riferimento agli anni più bui della dittatura staliniana ed alle speranze suscitate sua recente scomparsa.
Dopo tre sinfonie (undici, dodici, tredici) che a me paiono poco interessanti, vuoi per i toni magniloquenti, vuoi per un certo stile “forzato”, si arriva alla quattordicesima (1969), per soprano, basso e orchestra da camera. Questa sinfonia fu eseguita per la prima volta a Leningrado il 29 settembre 1969 sotto la direzione di Rudolf Barshai e qui finalmente il genio torna a graffiare, la composizione è viva, geniale, ma temperata da un’onda di funebri presagi che ne fanno una lunga meditazione sulla morte. Grande la parte strumentale. Quanto alla parte cantata, nota di demerito alla Brilliant che non ha inserito i testi di Garcia Lorca, Apollinaire, Rilke e Küchelbecker su cui sono basati i diversi movimenti. I testi sono cantati in russo, e sarebbe stato meglio riuscire a farsi almeno un’idea di quello che viene detto. Sull’esecuzione è difficile parlarne men che bene, visto che il primo esecutore è stato proprio il direttore di questa edizione Brilliant in cd.
La quindicesima ed ultima sinfonia (1972) è opera più serena della precedente, l’idea di fondo e quella di evocare le tappe della vita umana. Shostakovich inserisce citazioni del Guglielmo Tell di Rossini e della Tetralogia wagneriana. Si tratta dell’opera conclusiva della vita d’un grande compositore che ha dedicato molto alla sinfonia. Al suo interno temi dodecafonici si mescolano a stilemi classici in un amalgama affascinante caratteristico dello Shostakovich maggiore.
Questa edizione delle sinfonie di Shostakovich in undici cd, incisa tra il 1992 ed il 1998 da Rudolf Barshai con l’orchestra della WDR, ora pubblicata dalla Brilliant ad un prezzo veramente economicissimo (fra i tre e i quattro euro a cd) rappresenta un punto di riferimento nell’interpretazione della musica di questo grande autore del Novecento.
Straordinaria in Barshai la capacità di essere sempre “sul tema” di non perdere mai la lucidità e di governare questo viaggio nel mare del sinfonismo di Shostakovich con la perizia di un provetto lupo di mare. Le sue interpretazioni s’inseriscono ai massimi livelli della discografia, insieme alle note e celebrate versioni delle decine di direttori che si sono cimentati in disco con le sinfonie di Shostakovich: Rozhdestvensky, Bernstein, Karajan, Jarvi, Rattle, Chung, Kondrashin, Rostropovich, Inbal, … Se prese singolarmente non proprio tutte le interpretazioni di Barshai sono il meglio assoluto disponibile, ma sono comunque sempre di altissimo livello e costituiscono, prese nel complesso, la migliore integrale di cui oggi si possa disporre. Inoltre in molti casi, a mio avviso, siamo proprio di fronte ad interpretazioni di valore assoluto: prima, seconda, terza, quarta, quinta, nona, decima, quattordicesima e quindicesima trovano, al più, esecuzioni equivalenti.
Il prezzo poi, inferiore a quello di due cd a prezzo pieno, rende questa proposta assolutamente imbattibile e impossibile da ignorare da parte di chi voglia conoscere uno dei più importanti compositori del Novecento. Ottima la qualità delle registrazioni.
L’importanza dell’edizione Brilliant è stata anche riconosciuta con un premio internazionale al Cannes Classical Awards del 2003 (miglior disco dell’anno) cui partecipa, per l’Italia, la rivista Musica. Per chi volesse approfondire, Musica ha pubblicato su questo cofanetto un’importante monografia a firma di Paolo Bertoli, sul numero 143, di Febbraio 2003.