Sfarinati di cereali per alimentazione umana
Francesco Bachis alla tromba, Guido Coraddu al pianoforte, Mauro Sanna al basso elettrico, Simone Sedda alla batteria. Sardi, attivi come gruppo dal 2008 e giunti al settimo… disco (per ora riusciamo ancora ad utilizzare il termine impunemente). Un gruppo ed un progetto che a partire dalle forme o anche solo dal nome dell’album vanno diretti alle fonti primarie, ad ingredienti basici e genuini, con l’intento evidente di proporre una musica frontale, senza strati nascosti di non detto (che eventualmente non costituiscono per forza un male, anzi nei casi migliori portano fascino ed evocatività, ma siamo solo a chiarire che non è questo l’album in cui cercarne).
Cosa c’è dentro questo lavoro?
Molto amore per le musiche, molto entusiasmo nel mostrarlo e dichiararlo, contaminazioni evidenti e cercate ma prive di mode, come del resto si può dirle anche prive di anticonformismo, proprio perché non mediate dai trend né dall’ideologia fissa sul contrario, che sempre alle mode finisce col dover sottostare visto che è obbligata ad esserne il rovescio. Qui invece si sta liberi, con ciascuno degli strumenti ed il loro stare assieme che distintamente raccontano di incroci, di visioni curiose, tipo Thelonius Monk intrufolato in una marching band o Jaco Pastorius che si diverte al pub, con atmosfere che ti trasportano da un funky di strada a un panino con la porchetta mangiato in centroamerica, in strappi esotici che però restano sempre asciutti, con scelte di registrazione che aiutano a cogliere l’approccio attraverso suoni vicini, attraversati poco o niente dagli effetti.
Ripeto, tutte le cose dette qui in sostanziale contrasto con i loro opposti non sono in assoluto il bene contro il male, ché è bella anche una produzione marcata e di impatto enorme su un album, altrimenti si dovrebbe parlare sempre bene di Joan Baez e sempre male dei Radiohead, e non si farebbe un gran servizio alla musica, al lettore e a sé stessi. Qui le strade volutamente percorse danno coerenza e linearità di ascolto ad una playlist che diversamente avrebbe come caratteristica predominante uno spaziare forse straniante e che invece così si fa omogenea, discorsiva, comunicativa delle idee che l’han generata.
Consigliato a curiosi, gente in cerca di stimoli senza pesantezze, amanti di musica sincera e talvolta perfino ingenua, con qualche giro o timbro di basso o batteria che non si tira indietro nemmeno se c’è da mostrarsi in pantaloncini e maglietta. Per gli intellettuali da salotto qui c’è da polemizzare, ma tanto lo farebbero su quasi qualunque cosa, quindi a loro suggeriamo altro… ma non ci staranno mica leggendo, no?