Sex Pistols Live in Torino 2008
Torino e il Traffic festival 2008
La città di Torino è ormai da tempo entrata nelle location di maggior richiamo per i grandi nomi della musica internazionale, grazie a felici kermesse che da un paio di lustri offrono eventi di imponente attrattiva.
Infatti, in un fertile terreno (Africa Unite, Mua Mau, Perisca Jones, Subsonica, Statuto…) come quello torinese, da ormai cinque anni si svolge uno dei più interessanti Festival musicali d’Europa, non solo per ciò che offre il cosiddetto main stage, ma anche per una serie di attività collaterali che coinvolgono tutta la città, dai Murazzi ai Giardini Reali, passando per gallerie d’arte e musei.
Grazie alla sapiente direzione artistica di Max Casacci (produttore dei Subsonica), Alberto Campo (critico musicale), Cosimo Ammendolia (direttore del progetto Suoneria) e Fabrizio Gargarone (Direttore dell’Hiroshima), anche quest’anno il Traffic annovera tra le proprie file una serie di iniziative di grande attrazione, caratterizzato dall’inusuale gratuità degli eventi. Una sorta di piccolo miracolo, concretizzato in anni in cui i prezzi dei live sono volati alle stelle.
Ancora oggi mi chiedo, come si possano pagare 100-130 € per un concerto?? Come si può pretendere che i ragazzi, vero motore inesauribile della musica, possano permettersi di spendere 65€ per vedere i Metallica o 90€ per Heineken Jammin festival??? L’esempio del Traffic rappresenta da anni la possibilità di offrire qualcosa in più, attraverso un intelligente lavoro di marketing, che deve essere preso in considerazione da chi di musica vive, perché di questo passo le arene e gli stadi inizieranno a svuotarsi.
11 luglio 2008
Di certo vuoto non si presenta il parterre della Pellerina. Solo chi ha avuto la fortuna di esserci non potrà dimenticare quello che senza dubbio è stato un evento musical-emotivo di enorme spessore.
La serata inizia con i concerti di Plastination, Punkreas e Wire, che però racconterà qualcun altro…visto il difficoltoso flusso autostradale, che non mi ha permesso di arrivare in tempo. Certo avrei potuto scrivere qualcosa di generico sulla loro esibizione, come qualcuno realmente fa, ma sinceramente non ne sono mai stato capace.
Quando riesco finalmente a raggiungere la location, è appena terminato il diluvio che si è abbattuto sul Parco Carrara, trasformandolo in alcune sue parti in un’umida fanghiglia, che non sembra però disturbare i convenuti, donando anzi una venatura di rusticità necessaria e in perfetta tonalità con l’ambiente. La folla è un’immensa fiumana di gente, c’è chi parla di 70 mila persone, ma probabilmente le presenze sono poco più di 50.000. Tra i presenti come era prevedibile aspettarsi, appaiono i ragazzini nu punk dell’ultima ora, i veri, attempati ed ormai pochi punk, famiglie con i bimbi a seguito e cinquantenni quasi in empasse nel dover dividere la platea con teenagers che così poco dimostrano di sapere del movimento nato nel 1977.
Il concerto
Sono le 23.00 circa quando un enorme stendardo giallo viene issato dietro la batteria, su cui si legge “Sex Pistols- Combine Harvester tour 2008”.
La febbre per l’attesa sale. Passano pochi minuti è l’intro anticipa la voce di John Lyndon, che saluta la Torino festante. Servono pochi istanti però per capire che il “PUNK non è morto”…è solo terribilmente invecchiato! Steve Jones con i suoi 53 anni appare in evidente soprappeso e Paul Cook provato dalle rughe degli eccessi, da un lato sconvolge, dall’altro finisce per intenerire. Obiettivamente di punk poco è rimasto, Glen Matlock con la sua camicia bianca, appare più un trandy gentleman che un vero punk, ma forse neppure quando dovette lasciare la band, sostituito da Sid Viciuos, possedeva quelle caratteristiche estetico comportamentali che hanno fatto dei Sex Pistols un mito senza termine.
La vera conferma dell’invecchiamento socio-musicale viene però data da Johnny Rotten, che ormai della sua maschera, mantiene solo la follia espressiva degli occhi. Vestito con una arabica tunica multicolore, cerca nei ricordi la famosa postura scimmiottesca, appollaiata sull’asta del microfono, senza però riuscirci più di tanto. Sopra un amplificatore sono posate una bottiglia d’acqua e una di Whisky, che però funge solo da scenografia. Lo spirito dell’autodistruzione, dell’anarchia, del caos assieme al sensazionalistico modus operandi on stage sono scomparsi, come la capacità di pogare di John Simon Richie, alias Sid Viciuos.
A differenza di ciò che scrissi qualche anno fa per la recensione del surreale live dei Duran Duran, le mie considerazioni sono da interpretare in maniera serena e non polemicamente intristita, come quando cercai di descrivere lo scempio tutt’altro che aggraziato espresso da Simon Le Bon.
Oggi i Sex Pistols, a differenza di altri, hanno piena coscienza di ciò che fanno e di ciò che possono offrire, tanto è vero che il concerto oltre ad inaspettata durata di circa 100 minuti, ha offerto buone vibrazioni, grazie forse anche alla mitologia che da anni portano con sé. L’impressione è quella che l’anima del Filthy Lucre Tour del 1996, abbia lasciato posto al piacere di suonare, proporsi e riproporsi attraverso classici rivisitati e ventate di novità come quando prima di “Bagdad was a blast”, Rotten conduce il pubblico ad intonare un irriverente “Hello Allah” prima di gettarsi tra le grezze note di una lirica altamente politicizzata.
Il pubblico, tanto tiepido da indurre Rotten a citare persino quegli odiati Pink Floyd (qualcuno ricorderà la t-shirt della band di Waters con la scritta “I Hate”), con un sardonico “Is anybody out there??, comunque si diverte ammaliato da uno show che ospita grandi cavalcate punk come “Submission”, l’inaspettata “Stepping Stone” e la delirante e diluita “No fun”, che riesce per alcuni istanti a restituire il frontman di trent’anni addietro.
Tra le note di “Pretty vacant”, “Liar”, “God save teh queen” e “Problems” mancano i body surf , gli insulti, gli sputi e il lancio di oggetti che hanno caratterizzato gli anni del punk reale, ma non mancano le emozioni forse più dettate dai ricordi e dall’emotività.
Insomma i Sex Pistols sono proprio invecchiati, tanto da concedere la pantomima del bis con le osannate “Bodies” e “Anarchy in the UK”, che chiude una serata di forti emozioni, talvolta contrastanti, ma che per chi ama e ha amato il punk, rimarranno comunque indelebili nella memoria.