Rock Action, Mogwai

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Forse non sono la persona piu’ adatta a parlare dei Mogwai. Primo perche’ di quello che viene definito post-rock ne so pochissimo, secondo perche’ dei Mogwai stessi e’ il primo disco che sento seriamente (nel senso di un numero sufficiente di volte da crearmi un giudizio serio).
Questa terribile smania di etichettare qualsiasi sfumatura della musica mi mette agitazione. Che diavolo e’ esattamente il post-rock, e perche’ poi “post”? Possibile che il rock sia effettivamente morto (come da decenni alcuni sostengono) e nessuno mi abbia ancora avvertito?

Facezie inutili a parte, mi pare di aver intutito che in questo genere possano essere annoverati tutti quei gruppi che viaggiano in quel territorio a meta’ strada tra la ambient, la sperimentazione, qualche improvvisazione free, melodie dilatate e mesmeriche, armonie rarefatte.
Vabbe’, non mi resta che metter su questo cd targato 2001 e vedere un po’ questa band di Glasgow cosa riesce a tirar fuori.

Il disco si apre con Sine Wave, melodia su note basse, con una ritmica sparsa da sembrare quasi un fruscio, qua e la’ una chitarra con vibrato, un crescendo di un’ altra chitarra distorta. Il giro e’ gradevolmente ipnotico.
Segue Take me somewhere nice. Anche qui chitarra lenta, arpeggio su un paio di accordi a loop, c’e’ una tastiera che simula un violino e una voce in sottofondo. Non male
Seguono O I sleep e Dial revenge nella quale ci avviciniamo ad atmosfere che ricordano vagamente la west coast, con intrecci di chitarre acustiche e falsetti, sui soliti colpi sparuti di batteria.
Se You don’t know Jesus non aggiunge nulla di nuovo, Robot chant e’ invece un freddo collage di rumori e feedback atonali.
Il seguente 2 rights make 1 wrong e’ in pratica il solo pezzo relativamente “veloce”, anche se il finale sfuma poi lentamente. C’e’ la solita voce sussurrata e la batteria che si anima su un sequenza di note minimale e ripetuta.
La finale Secret Pint non presenta particolari sorprese rispetto al resto e chiude il cd.

Mah! Dire che sia brutto questo disco, no, non lo si puo’ fare. Anzi, le armonie e gli intrecci che vengono creati sono spesso piacevoli. Non riesco pero’ ad appassionarmi alle canzoni, per quanto leggere e graziose siano.
Anche dopo vari ascolti non trovo quel guizzo geniale che ti faccia saltare sulla sedia e aggrappare alla nota successiva. Senza dubbio un disco ben suonato, che si lascia sentire piacevolmente ma solo in sottofondo.
Ecco, forse questo e’ il suo limite al mio orecchio: non mi immagino che tirero’ ancora fuori questo disco per sedermi in poltrona e gustarlo, piu’ probabilmente lo sentiro’ distrattamente mentre faccio dell’ altro.

Insomma, una bella “colonna sonora” ma forse non molto di piu’