Roberto Fiandaca- Amirabar,recensione
Arriva dalla Palermo cantautoriale, è giovane, tanto quanto l’etichetta che ha deciso di prenderlo nel proprio rooster. Il suo nome, a mio avviso non troppo artistico, è Roberto Fiandaca ed arriva alle stampe con un Ep d’esordio, targato 800a Records, dopo un breve excursus vitae fatto di teatri e Festival sui generis.
L’extended Played in uscita è intitolato “Amirbar”, disco autoriale contenuto in una deliziosa cover cartonata, che si assesta attorno a sensazioni di stampo cantautoriale, lasciando però banalizzanti sviluppi atti ad ottenere poco coraggiose divergenze country, folk e alternative (letto all’italiana) sonorità d’accordi maggiori. Infatti il disco non conquista appieno, lasciando un sapore di sospensione, che ne definisce un confine liminare al deja vu.
Il disco, nonostante una piacevolezza narrativa, spiegata dal dolce e preciso contrabbasso di Federico Gueci, dalle percussioni di Federico Mordino e dalle chitarre di Ivan Cammarata, forse appare troppo breve per conquistare l’ascoltatore, che sul finire sembra rimanere disorientato dalle novelle di Fiandaca, che appare ancora inidoneo alla maturazione di intenti.
Il ragazzo ha forse ancora le spalle strette, ma davanti a sé una strada che potrebbe essere quella giusta, nonostante l’evidente fisiologica mancanza di ordine, deterministico incremento di una sorta di pout pourri di note.
Il concetto espresso non deve però essere definito come una bocciatura o una critica superficiale, tutt’altro (!!), anche perché se fosse arrivato in redazione un disco brutto, inascoltabile o indecoroso…non lo avrei neppure preso in considerazione, come già accaduto in passato. Il ragionamento, di per sé è piuttosto severo, ma vuole porre l’attenzione sul fertile e crescente talento del giovane artista, che probabilmente, non avendo ancora raccolto i propri semi, tende ad appoggiarsi a soluzioni creative prefatte, ragionando su temi di facile impatto, senza mai osare.
Il fatto che Roberto sia giovane, non deve essere né un ostacolo alle critiche, nè tanto meno alla voglia e alla capacità di attentarsi. Il ragazzo dovrebbe avanzare ed arrischiare maggiormente per non cadere in un biasimevole ed affollatissimo calderone.
L’album si apre con “Andata e ritorno”, una sorta di ballad folkeggiante, in cui Gueci con il suo contrabbasso suscita quelle good vibration dalla rima baciata, inquinata da scomodi coretti che nonostante la piacevole andatura gucciniana, propone un’allegria, che rischia l’anonimato. Se il bolero di “La signora rosa” sembra convincere ben poco, di buon impatto appaiono “C’è un buco nella rete” e “ Cuore di Pesce”.
La prima traccia ripropone l’ossimoro che Morrisey definì in “Girl in a coma”, track nella quale una raggiante musicalità spensierata faceva da contraltare alal tragicità testuale della lirica. Così accade con “C’è un buco nella rete”, dal sentore Mescal tra figure veriste di cruda e inoppugnabile realtà. Di buona fattura appaiono anche le espressioni country, di “La signora rosa”, brano senza fiato, piacevole e coinvolgente, tra tematiche sentite e per nulla lasciate al caso.
A chiudere l‘EP ritroviamo “L’ammiraglio”, definita dalla label una sorta di suite in tre movimenti, colonna sonora del un mondo pensoso di Pacifico, una sorta filastrocca cantautoriale dominata da chitarra classica, che trasforma le dolci note in sonorità aperte al mondo Faber.
Tracklist
“Andata e ritorno”
“C’è un buco nella rete”
“La Signora Rosa”
“Cuore di pesce”
“L’Ammiraglio”