Radiocroma ” Il corso dei Balocchi”, recensione
Nascono dalle ceneri dei Penthotal e da una rivisitazione concettuale dei Nohaybanda, si chiamano Radiocroma e arrivano dagli artigli della Red Cat Promotion, “animata”da un curioso ed inusuale spirito creativo dedito alla multimedialità. Si definiscono appartenenti al genere videomusica sperimentale, anche se di sperimentale in questo disco troverete molto poco. Linee semplici e fondamentalmente popular; un pop alimentato da ukulele, theremin e scacciapensieri (ahimè) di rado complici di una ricerca sonora troppo intelligibile e diretta.
In questo nuovo Il corso dei Balocchi la sperimentazione è più legata al packaging pensato e strutturato dalla band, attraverso una concretizzazione del multimediale. Infatti, proprio l’ipermedialità sembra essere il lato vincente di questo platter, disco da ascoltare e vedere.
Ogni traccia è accompagnata da un video realizzato dal mouse di Mauro Serra, in grado di definire animazioni flash ispirate alla più classica arte del decoupage. Lontano però dalle striature innovative di Emanuele Luzzati, Serra sembra voler offrire movimenti pop art dai colori sgargianti, innestati tra istanze e movie clip. I video raccolgono la sfida innovativa, arrivando da un alto a fagocitare in eccesso alcune tracce, dall’altro a complementarle, definendo al meglio il significato ermetico che alcune liriche celano tra le proprie pieghe.
Un progetto che non possiede una vera e propria linearità, qui perduta al servizio di un concetto di multimedialità dedita ad una ramificazione shuffle di un disco raccontato in maniera iconica dalla settorializzazione di immagini, strettamente legate ai primordi del mondo Macromedia.
Tra le tracce più interessanti possiamo annoverare Pasquale nel Cubo, in cui i giochi cromatici definiscono la sensazione electro, allineata ad un andamento ben cadenzato e definito attraverso piacevoli sonorità theremin, delineate al servizio di una vocalità filtrata che dona risalto alla composizione stessa. Se poi con la perfettibile Femmena Gioia, la band sembra perdere parte della propria verve narrativa, con Muria Malata si raggiungono interessanti rimandi daliani, attraverso un aurea pacata ed osservativa, persa in giri sonori ben calibrati e chiaramente influenzati da un songwriting metaforico e sonorità inusuali.
Non mancano poi l’utilizzo di silhouette innestate su strutture grafiche in essere, atte a consolidare una perfetta contrapposizione con la regolare e minimale cadenza sonora, spesso impreziosita da blandi rumorismi (poco coraggiosi), posti al margine di un delizioso ed ipnotico loop di chiusura che ammorbidisce, al pari delle regolazioni alpha, la propria metodica descrittiva
Dunque… un disco da ascoltare e da vivere con gli occhi, pur sapendo che non tutti ancora sono pronti a questa commistione di arti.
TRACKLIST
1 – Tommaso aspetta
2 – Pasquale nel cubo
3 – Muria la malata
4 – Il timido Attanasio
5 – La bolla
6 – Sulla strada di Cantù
7 – Corso dei balocchi
8 – Sul ciglio della strada
9 – Femmena gioia
10 – Luna pendente
11 – La campana