Punkreas “Radio Punkreas”, recensione
…questi Punkreas mi fanno impazzire.
Porca Vacca! Sono passati quasi vent’anni da quando vidi per la prima volta i Punkreas da sotto il palco, erano i tempi di Acà toro e l’ormai mitologica La canzone del bosco. Ricordo ancora che qualcuno accanto a me durante una pausa dal body surf mi disse …questo gruppo non durerà un’estate. Al tempo a me interessava solo godermi lo spettacolo, muovendo le braccia ad angolo e cercando di pogare leggero, senza finire a terra. Era divertente, attrattivo e coinvolgente.
Oggi dopo sei dischi, mi ritrovo ancora di fronte ai Punkreas, una tre le più longevi punk rock band italiane, questa volta per parlare di un curioso e riuscito disco di cover. Non so quanto sia un platter “furbo” e ragionato, e a dire il vero poco mi importa, perché questo nuovissimo Radio Punkreas, promosso dalla Canapa dischi, si presenta come un reale e puro divertissement. La label, nata proprio da un’idea della band, arriva a licenziare un disco ( a mio avviso) intelligente, figlio di un momento in cui la rivitalizzazione del passato sembra apparire specchio di una società che non vuole vivere il proprio presente, nascondendosi tra i meandri, più o meno felici, della propria memoria.
Così, dopo fiumi di inediti, Cippa e compagni si concedono una dilettevole intervallo, ricco di ospiti e mood, arrivando ad infettare la loro anima Ska-punk mediante collaborazioni tanto curiose quanto gustose.
Il viaggio nel passato inizia con la fisarmonica di Lucia Picozzi, che sembra voler limare gli spigoli di Io sto bene, algido inno punk marchiato CCCP. Se la scelta iniziale può apparire coerente con il percorso artistico della band, a sorprendere positivamente è Il mondo perfettamente indefinita nel suo incipit legato a voci filtrate e spoken word. La coinvolgente e rivestita traccia, portata al successo da Jimmy Fontana nel 1965, viene intarsiata dal freestyle di Tommaso Zanello (a.k.a Piotta), in maniera delicata e rispettosa, mostrandosi quasi in forma di dedica, nei confronti di una delle canzone più conosciute dei nostri anni ’60. Invece, con il ritmo in levare di Nuova ossessione ci si rende conto di come la voce del frontman abbia subito, rispetto agli esordi, una mutazione marcata. Il timbro appare maturo e graffiato, in grado di restituire un maggior calore eloquente e una dosata implementazione dell’espressività. Se poi il featuring di Samuel dei Subsonica appare uno dei momenti più alti del full lenght, con La tempesta la band offre una finestra sui Tarm, amalgamandosi al tipico stile narrativo di Davide Toffolo. Il tracciato, infatti, non si scosta molto dall’originale, a differenza della curiosa Reality, colonna portante del sentimentalismo anni’80. Il brano, estratto ( a forza) dal Tempo del mele, sorprende e diverte nella sua versione punkettara, arrivando a ricordare le digressioni folli di Nofx e Me first and the Gimme Gimmie.
Il disco mostra anche piccole indecisioni espressive che svaniscono solo dopo alcuni ascolti, proprio come accade in Poliziotti prima e La ballata del pittore poi, in cui i Punkreas, pur cercando di dare un’impronta personale al brano, non riescono a centrare in maniera completa l’obiettivo. Di livello superiore paiono invece Pigro, veloce e dettata alla perfezione da un semplice e diretto pattern ritmico, e Cani Sciolti, in cui il basso di Paletta si incastona in maniera armonica alla cadenzata linea di cantato.
Una menzione a parte merita invece la chiusura del disco affidata alla “Versione vigorosa” di Ti rullo di Kartoni in featuring con “quel” genio assoluto di Freak Antoni, che assiste alla rivisitazione della propria creatura, raccontandosi in maniera skiantosa e irrinunciabile.
Il brano, che da solo vale il prezzo (contenuto) del disco, chiude un opera che spero possa avere un seguito.