Plug in Baby L’ultimo uomo sulla luna, recensione
Per i più “Plug in baby” rappresenta un rimando alla splendida traccia di quello che forse ancora oggi è il più convincente album dei Muse “Origin of simmetry”. Da oggi, anzi per la precisione da un giorno imprecisato del gennaio 2002, Plug in Baby rappresenta altresì la creatura di Andrea Salato, Patrik Vindrola e Andrea Coccifero, al momento in piena attività live a supporto de “Ultimo uomo sulla luna”, che riesce a far parlar di sé anche solo dopo un primo sguardo, vista la felice intuizione estetica, che intrappola il cd in un argentato oblò spaziale.
Ascoltando le nove tracce ci si rende immediatamente conto di come il pop trio ricrei attorno alle proprie linee vitali un insieme di accuratezza e meticolosità, di cui è specchio il curatissimo official website. La band, come si evince dal video ufficiale di “Preciptango”, non lascia nulla al caso; infatti, spinti da una buona dose di originalità e spizzichi di coraggio, ad oggi l’ensemble rappresenta un felice esempio di musicalità italiana.
L’originalità estetica sembra però supplire ad una peculiarità compositiva forse troppo legata alle influenze dirette della band, che a tratti si ritrova nel primo periodo “coverizzatore”. Innegabili sono poi alcuni limiti dettati dalla gioventù e da una guida produttiva agra. Nonostante però i limiti del prodotto, i ragazzi all’ombra della Mole si divertono a divertire e ad innaffiare un terreno fecondo e ben arato, nonostante alcuni arrangiamenti non proprio lineari.
Il disco si apre con le voci di Eugene Ceman e Harrison “Jack” Schimitt, durante la missione lunare Apollo 17 undicesima missione del programma Apollo, ultima ad arrivare su quella luna immortalata dai bellissimo fotomontaggi promozionale del terzetto.
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Il vero e proprio viaggio ha però inizio con “Non dormo da un anno”. Traccia dall’aria prog, che con il suo sapore retrò si mescola ad un interessato pop alternativo. Il suono risulta pulito e collegato ad enclave space su cui volteggia la voce di Andrea Salato, vero e proprio faro dinamico, funzionale al viaggio sul lato illuminato della luna, che prosegue con una citazione filmica lontana dall’Edward Burtoniano. La track si annovera al capitolo ballate pop, sciorinando una buona struttura easy listening, tra back voice e stoppate, impreziosite dai puliti “solo” della sei corde di Mr Cocci, nuovo valore aggiunto della band, come dimostra “Luminal” introdotta da un stoner rock distorto, che rincorre inizialmente sentori Nebula, per poi aprirsi verso un raggio progressive. Se di scarno coinvolgimento appare “XIII”, vittima della convenzionalità, al contrario emerge “Tyler Durden- Marla singer”, da cui si eleva una sonorità Muse, tra electro alternative pop e softnoise, atto a stemperare i tasti bianchi e neri.
Insomma un disco che nasconde alcuni nei e mostra molti lati positivi, di cui potrete godere assistendo ai loro sempre affollati live…