Piero delle Monache – Welcome, recensione.
Ecco un disco che non mi aspettavo di ascoltare. Questo Welcome è una piccola scoperta.
Molti sono i musicisti Jazz italiani, ma in Italia almeno la maggior parte dei non avvezzi al Jazz apprezza, o conosce, principalmente Rava e Bollani.
Questo è un vero peccato perché il “sottobosco musicale jazzistico” italiano è composto da artisti che non hanno nulla da invidiare ai
loro colleghi più famosi.
E’ il caso di Piero delle Monache, un sax tenore il cui suono, in alcuni passaggi, mi rimanda in testa un certo John Coltrane.
L’accostamento forse potrà sembrare azzardato, certo Coltrane è un mostro sacro, intoccabile, ma io ugualmente ho
trovato nei due un filo conduttore che non è solo quello dello strumento, ma quello della musica.
Le sei tracce di questo Welcome sono quanto di più “classico” mi è capitato di ascoltare in tempi recenti. La struttura musicale non è
fine a sé stessa, gli episodi solisti non sono eccessivamente dilatati seppur ben in evidenza, non c’è voglia di esibizionismo o di mostrare le proprie doti tecniche,
c’è voglia di suonare, interpretare, fare gruppo.
Il sestetto di Welcome è composto da Piero delle Monache – sax tenore, Andy Gravish – tromba, filicorno, Francesco Diodati – chitarra,
Giovanni Ceccarelli – pianoforte e fender rhodes, Matteo Bortone – basso e Alessandro Paternesi – batteria. Ascoltandoli mi salta all’orecchio il fatto che sono
assolutamente affiatati, sembra un gruppo che suona assieme da anni tanto riescono a essere in perfetto equilibrio l’uno con l’altro.
Altra cosa che mi ha fatto pensare è che un musicista di appena 28 anni, al suo primo album, con la voglia di farsi conoscere, a volte può concepire progetti
troppo complessi, brani troppo ricercati, magari per potersi accattivare l’attenzione della critica. Cosa di cui in questo cd non c’è traccia. I brani hanno una loro melodia ben distinta, supportata e alimentata dalla semplice voglia di esprimersi, di fare musica.
Delle sei tracce quella che mi ha più spinto al riascolto è stata la quinta, Miramare. Mi è piaciuta per quella sua vena di Jazz classico, caldo, da club newyorchese, dove le luci soffuse sono il necessario complemento ad una bella serata di musica. E’ il brano che più si avvicina al mio gusto. Gli altri sono maggiormente riconducibili al free jazz, ed è per questo che mi è subito venuto in mente Coltrane.
L’unica nota stonata del disco, a mio personalissimo parere è la rivisitazione di Miramare, la prima parte. Secondo me è fuori contesto, sopratutto perché ho avuto l’impressione che siano stati utilizzati strumenti elettrici al posto di quelli tradizionali acustici. Per le percussioni sopratutto. Mi rendo conto che è un mio limite ma l’elettricità con il Jazz tranne che in alcuni rarissimi casi, Miles Davis docet ma non sempre, la preferisco per le lampadine :-).
Fortunatamente alla fine del brano, dopo un silenzio che preclude a qualcosa si torna “all’antico” chiudendo in bellezza.
In conclusione vi assicuro che se cercate un cd di vero Jazz, suonato da applausi, e che non sia farina dei “soliti seppur blasonati sacchi” ma amate scoprire nuovi veri talenti, questo Welcome vi aprirà una porta che vi condurrà direttamente verso artisti giovani, freschi, di sicuro talento. Che vi scoprirete curiosi di seguire in futuro.
Sarà futura gloria? Non lo so, ma sicuramente, a me, hanno regalato dell’ottima musica.
I brani di Welcome sono:
1. Noir intro
2. Noir
3. Piazza Farnese
4. Tutto bene
5. Miramare
6. Miramare – revisited by Deli