Piccoli energumeni Tour 2016, Roma
E’ stato un sabato speciale, per i romani appassionati di EeLST. Una tappa di un tour che ha un significato pesante nella storia del gruppo, perché Sergione, o Rocco Tanica, o tutti i nomi che ha voluto scegliersi o subire dal resto del simpatico complessino, con questo trionfale giro di giostra ha per ora chiuso l’attività live col gruppo. Stavolta, quindi, per chi c’è stato si è trattato di un concerto con una connotazione epocale. Questa premessa è importante per definire in qualche modo un tour che ha in effetti le sembianze di un evento piuttosto diverso dai precedenti: parecchi minuti in apertura vengono dedicati a ripercorrere con video, foto e musica la storia della band, dettagliandone in una timeline multimediale i principali eventi. Immediatamente a seguire si parte forte con Servi della gleba, con una scenografia più curata del solito, più due grandi video sul palco, altri due verticali di lato ed uno orizzontale al di sopra, che arricchiranno ogni momento del live con riferimenti di vario tipo ai brani via via suonati.
E’ piuttosto indicativo che la maggioranza della tracklist sia databile a più di quindici anni fa. Il gigantesco gruppo è da molti ritenuto uno tra i migliori italiani in assoluto negli ultimi tempi ma pure nei penultimi a prescindere dal genere (anche perché sarebbe difficile stabilirne uno, nel caso di specie), ma tra le poche pecche che gli si possono attribuire c’è una strisciante discontinuità negli ultimi tempi, con album che quasi sempre contengono almeno un paio di capolavori in senso lato, ma anche diverse cadute di tono. Le cose sono andate meglio con l’ultimo Figgatta de blanc, che pure non è uniforme ma che in media si tiene al di sopra rispetto a diversi episodi che l’hanno preceduto; il live tiene conto di questo e magari del fatto che farà piacere venderlo, e quindi il grosso dei brani recenti è qui, ma non mancano vette assolute non remote: su tutte l’enorme Plafone, moderno manifesto di un genere che non esiste e che qui chiameremo operetta prog –poi ognuno coi nomi faccia come crede-.
Il concerto: quattro parti che suddividono in atmosfere diverse il live per tipologia dei brani. In mezzo la grinta e simpatica verve di una line-up già solidissima di suo e che con Vittorio Cosma a sostituire il Tanica non perde compattezza. Certo l ‘ingresso di Rocco nell’ultima mezz’ora (evento mascherato da talent show dedicato alla ricerca del sostituto di Rocco Tanica…) porta maggiormente in primo piano le tastiere, ma su questo aspetto è veramente difficile dare delle valutazioni precise a causa dell’acustica terrificante del Palalottomatica, che non è sostanzialmente migliorato dopo che la ristrutturazione di alcuni suoi elementi era stata spacciata come benefica per la musica: il riverbero è mostruoso ed è stato possibile sentire in modo nitido pochissime cose perdendo comunque nel magma sonoro indistinto quasi tutte le tastiere e le chitarre fuori dai momenti di assolo, a conferma del fatto che un concerto lì è davvero una missione per appassionati a tutti i costi.
Spazio ai protagonisti.
Su tutti c’è chiaramente… Mangoni, “la prova di come si possa raggiungere il successo senza sapere fare un cazzo” (cit. Elio). Per questo tour il palco ha riservato un’avanguardia in mezzo al pubblico tutta per lui e per le ballerine della sua “scuola di ballo” (…); coreografie ovviamente discutibili, cambi d’abito continui, volgarità e risate costanti, più un momento del live addirittura in solo per piano e voce a devastare il Chiaro di Luna” di Beethoven attraverso un’esecuzione naturalmente opinabile ed una linea vocale disturbata e straniante. Epico, nulla da dire.
Paola Folli. Una voce meravigliosa capace praticamente di tutto, dall’accompagnamento che in un timbro sublime sciorina le schifezze varie contenute nei testi a brani nei quali la grandezza emerge spesso in un dato preciso: l’assenza di fatica nell’emissione, una voce che arriva pulitissima all’ascolto e priva di sforzi, eccessi, sbavature anche in passaggi veramente complicati per articolazione della linea melodica o per “discese ardite e risalite”, con un’estensione splendidamente “flat” quanto a rigore. Bravissima è riduttivo.
Elio tiene palco e pubblico come sempre, canta e suona bene, detta i tempi o li concorda quando occorre. Bene così, c’è poco da dire.
Cesareo. Il nostro Brian May sa trascinare con assoli mozzafiato ma è nel contempo anche uno della categoria “musicisti per i musicisti”, con una tecnica esecutiva che lo avvicina alla Folli per quella sorta di “rigore accademico” udibile in molti passaggi, nonostante l’ex Palaeur.
Le tastiere: Jantoman sta buono buono e defilato per tutto il concerto, ma sappiamo bene quanto sia importante il suo lavoro, non certo perché il suddetto Palazzo dello Sport ce lo faccia capire moltissimo ma perché lo abbiamo sentito nei teatri e negli auditorium; nella sua presenza risiede una parte rilevante dell’ossatura sonora live dei brani. Cosma si mostra (ormai da anni nei live e da più anni in studio) un musicista preparato assai e contemporaneamente il giocherellone di cui c’è bisogno con gli Elii, specie se il posto da prendere era quello del Conforti. Proprio Luigi Calimero –uno dei tanti Conforti che hanno suonato le tastiere degli Elii- è entrato nell’ultima mezz’ora, come dicevamo, per suonare grandi classici aprendo appunto con Plafone, grande prova compositiva non solo strutturalmente ma anche per forma ed eleganza, ulteriormente valorizzata dalla voce di Paola Folli nella seconda parte. Nei minuti strumentali ci si dimentica di essere al cospetto di un coacervo di pazzerelli e si vive un autentico viaggio nel progressive (sebbene i nostri col nuovo album abbiano inventato anche il regressive, come può verificare chi ascolterà Ritmo Sbilenco).
Sezione ritmica: Faso è un altro dei penalizzati dalla resa acustica oscena, ma negli spazi in cui è possibile sentirlo conferma quel che tutti già sanno: è forte, ha il groove, tira il gruppo assieme al compare DJ Mendrisio, batterista per esigenze di gruppo come confessa nel suo personale momento con esilarante DJ set. Un drumming precisissimo e di grande importanza nella struttura della canzone va a formare col basso una delle sezioni ritmiche più clamorose in Italia ma pure fuori.
Finale di rito a gridare tutti assieme “Forza Panino!” verso l’indimenticabile Feiez; a seguire saluti col gruppo che stringe calorosamente calorose mani e Sergione con un viso che è sembrato apertamente emozionato. Molto complicato, molto irrispettoso e forse pure inutile provare a sondare le emozioni che può vivere un musicista in quel momento, a salutare trent’anni di concerti in giro. Chissà se siano stati due minuti bellissimi, bruttissimi o tutto insieme.
Tre ore di musica per un live che è stato eccezionale, con un repertorio assolutamente funzionante a servizio di una grande band.
Difetti? Vi ho per caso accennato qualcosa sul Palalottomatica? Non ricordo…..