Perturbazione – Pianissimo Fortissimo. recensione
Dedicato a chi davvero conosce il significato di tutte le parole migliori che rimangono nell’animo umano.
La leggerezza può avere dei nomi insoliti. La si ricerca in varie forme quando se ne ha bisogno. Può essere un pensiero delicato, un volo d’ali di una farfalla, una melodia leggera di primavera, ecc. Ogni singolo sinonimo costituisce una caratteristica fondamentale di quell’aggettivo, ma, visto che la lingua italiana ne è piena, può sussistere leggerezza in un ossimoro? Questa figura retorica consiste nell’accostare due termini che siano l’uno l’opposto dell’altro: la parola “perturbazione” è un sintomo di qualcosa che sta arrivando, ma di solito non si tratta mai di una buona notizia (in senso figurato) o di un bel sole al posto di una nuvola. Eppure, lungo le strade di Torino, questo termine ha assunto quel tono di leggerezza che lo mette in contrasto con se stesso: il rock italiano indipendente è in grado di fare cose meravigliose come ad esempio mostrare al mondo questo meraviglioso contrasto tra parole e musica, ovvero i Perturbazione.
Nati secondo una logica che riportava i testi in lingua inglese, i Perturbazione cominciano ad aumentare di numero e decidono, in base all’incontro con il chitarrista Cristiano Lo Mele, di cantare in italiano: una lingua che maggiormente si addice ai loro testi, ma che anche nell’altro senso regalava emozioni non proprio sorde all’orecchio dell’ascoltatore medio. Evoluti attraverso uno stile che come si avvicinava al pop si discostava verso suoni più sperimentali, i Perturbazione raggiungono il loro picco massimo attraverso l’album più delicato e intimo della loro carriera, nonché quello che ha siglato il loro contratto con la EMI: “Pianissimo Fortissimo”.
Un titolo accattivante e che desta subito grande attenzione: la decisione di questo accostamento di parole non solo mette ulteriormente in mostra il contrasto di cui parlavamo prima, ma promette all’ascoltatore una serie di emozioni che oscillano tra i due gradi della scala delle emozioni raggiungendo il loro picco anche attraverso l’intimità del rock, ma che può tranquillamente sfociare in un elenco di memorie frenetiche, disturbate, ma molto precise poiché l’indirizzo a cui mirano è un’emotività timida, ma che ha voglia di farsi sentire. Molti sono gli esempi riferiti a ciò e non si realizzano soltanto nei singoli, ma in quasi tutto l’album. L’unica cosa che non si comprende bene è la collocazione di questi ultimi, proprio perché il primo brano “Un Anno In Più”, una canzone appena sfumata e sussurrata su un sentimento che non si vuole mai veramente rivelare e di cui si ha paura, non sembra adatto all’apertura dell’album, quanto invece lo sembra “Giugno, Dov’eri?” ,una breve poesia che c’introduce nel vivo dell’azione. Ma questo non sembra “fallare” “Pianissimo Fortissimo”, anzi rende interessante lo scoprire cosa verrà dopo, nel senso che, ovviamente, i Perturbazione, hanno optato per una scelta che meglio sappia condurre l’ascoltatore all’interno del loro lavoro. Infatti il secondo brano “Nel Mio Scrigno”, sembra ricollegarsi al primo per il fatto che le certezze sembrano ormai essere un qualcosa che si vende molto facilmente, anche se non sono vere, ma basta che ci siano. In base alla falsità, poi ci si avvicina con la metafora del brano successivo (“Leggere Parole”) che denuncia il fatto di essere in un mondo di pagine stampate dove, però, le persone, a volte, si appropriano di parole altrui per apparire meglio (all’apparire si accosta “Controfigurine!”, in cui si denuncia il fatto che dall’altra parte, su qualsiasi cosa, c’è sempre chi specula). Si passa poi all’amore più fanciullesco e giovanile, parlando di regole (“Battiti Per Minuto”) per giungere al vero aspetto di esso: la parte ossessiva (“Casa Mia”) e la paura di sbagliare (“On/Off”), fino ad arrivare ai suoi lati più brutti curati dalla depressione (“Qualcuno Si Dimentica”, brano eccellente) e dal tempo che si butta nel vederlo passare (“Brautigan – Giorni che finiscono”).
In occasione del loro concerto alla Locanda Atlantide (il 21 Novembre) di Roma, i Perturbazione decidono di proporre canzoni tra il nuovo e il vecchio. Un consiglio? Vale la pena di ascoltarli per avvicinarsi maggiormente alla parte più nascosta di noi stessi: la leggerezza di essere umani.