Pay” Virus”, recensione
Cosa ci si può attendere da quel genio dell’Ariele quando decide di dare energia ai suoi molti alter ego? E cosa può accadere se Mr.Pinguino decide, assieme al fidato Mr Grankio, di esagerare con le proprie sinapsi?
Se volete scoprirlo, vi basterà avvicinarvi al nuovo “frizzante” progetto dei Pay, oggi più che mai imbolsiti di idee ed ideali fantahorroristiche che, fuggendo dal brainstorming iniziatico, giungono a concettualizzarsi in un doppio dvd packaging all’interno del quale fan, curiosi e acquirenti casuali potranno trovare non solo un Ep di genuino punk rock, ma anche un curioso music horror metraggio orgogliosamente fuoriuscito dalla Punkrocker’s Autoproduzioni.
Le suggestioni visionarie trovano spunti iniziali dagli emozionali sviluppi di L’epidemia, curiosa e surreale narrazione di Alberto Moravia. La storia, partendo dalla questione “E se al risveglio il vostro cervello puzzasse di carne putrefatta???”, si sviluppa attorno ad un inattesa pandemia, avvolta in un mistero delirante, qui abbracciato al sarcasmo retrò dei suoi attori.
Il film, girato il sole 21 ore presso la chiesa sconsacrata di Santa Maria Maddalena Thiene, si presenta al proprio pubblico sotto le mentite spoglie di un videoclip multistrato, in grado di raccontare su diversi e paralleli livelli di comunicazione i passaggi di Alberto Pinchele, attraverso la voce di Andy, guest star del medio metraggio. Il concept definisce una sapiente alternanza tra narrato e cantato, al servizio di un montaggio schizofrenico e sporco, la cui arte visionaria ricorda la metodologia espressiva di Lloyd Kaufman e Michael Herz.
La struttura espressiva si avvale di soggettive da capotasto, recitazione overline e grotteschi movimenti da teatro dell’assurdo, argomentati attraverso il tentativo di richiudere accalorate metafore sulla diversità. La follia deviante, trascinata dalle musiche degli ispirati Pay, arriva a definirsi come bipolare, sensazione persa attraverso alcuni brani malati (La mia condanna), definibili come elementi compositivi di maggior impatto rispetto al recente passato.
Quello che vedrete a video lo potrete risentire attraverso le casse di un hi-fi, di un lettore digitale oppure mediante il suono contenuto di un’autoradio, pronta a danzare al coinvolgente punk riff serrato dell’introduzione, atta a trainare sensazioni velatamente Tarm. Un brano deciso, in cui si palesano ottimi cambi di direzione che, pur ricordandoci la vocalità di Gian Maria Accusani, dirige il nostro io verso il mondo Punkreas.
I graduali mutamenti espressivi si fanno poi Rock’n’Pop con Iniettare, diffondete, traccia che cavalca le parole dell’attento songwriting, dal quale emerge in battere un’interessante l’enclave anni 90. (“Noi siamo il nuovo che avanza…nella scala evolutiva la nostra essenza è speranza”). Se infine con Sapevamo di futuro si riconoscono intenti nirvaniani è con la bonus track Up Patrionts to arms che il trio si offre in un ossessivo dibattersi alle pelli, abili a incanalare la reale verve compositiva di una band che porta con sé una progressiva e graduale crescita.