Paoloparòn “Vinacce”, recensione
Narrativo e a tratti sgraziato. Prendere o lasciare… perché Paoloparòn è così.
Un cantautore reale, in grado di raccontare e raccontarsi con una naturalezza lontano dall’atteso, attraverso un itinerario che riesce a convogliare a sé il beat nomade (Mani adatte) e i sentori MCR (Amleto 1999) posti in un “disegno” sonoro in grado di destabilizzare a causa di repentini cambi di umore tipici della quotidianità. L’autore, concittadino dei Tarm, infatti, gioca con la banalità della vita vestendola di un accorto uso della parola (La domenica del supermercato) a tratti ironica e talvolta emozionale, proprio come accade nella titletrack, osservativa e lieve, sviluppata attorno a stilemi gucciniani.
Al servizio dell’eclettico polistrumentista non mancano poi impronte rock ( Le ore d’estate) né tantomeno risvolti lo-fi (Lo chiedo a te), posti al servizio di un disco che, lo dico soggettivamente, mi è piaciuto sin dal suo titolo… figlio degli anni Piper.
A chiudere l’opera prima di Paoloparòn sono le note Blues di Via Bertaldia Blues e la meravigliosa Season (a silly indie song) , via espressiva quadrata e lineare, pronta a dare risalto ad un lungo percorso in cui l’ascoltatore è invitato ad attraversare il suono elitario degli archi e quello disturbante di sonorità rumoristiche, atte a definire i confini di un album meritevole, che mi sento di consigliare spassionatamente, consapevole del fatto che non troverete (per volontà stessa dell’autore) nulla di nobile e altolocato, ma solo deliziose “Vinacce” da cui nascono parole e racconti racchiusi in un artwork impeccabile.
Tracklist:
1. Mani adatte
2. L’allegro caos dello scolapiatti
3. Un disegno
4. Amleto 1999
5. La domenica del supermercato
6. Le ore d’estate
7. Vinacce
8. Lo chiedo a te
9. Ai tempi delle chat
10. Via Bertaldia blues
11. Seasons (a silly indie song)