Owls

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Animali prettamente notturni capaci di rimanere sul medesimo ramo per tutto l’inverno. Tradizionalmente simbolo di sapienza ed erudizione.
Cosi sono i gufi, buffi uccelli dagli occhi immobili, così appaiono gli Owls, trittico musicale formato da Eraldo Bernocchi alla chitarra e Lorenzo Esposito Fornasari Voce ed Electronics, che assieme a Tony Wakeford, voce e chitarra, hanno ricreato con The night stays il loro black album.
La concettualità del nero va però ben oltre la cover art che, per certi versi, ricorda i Metallica del 1991; infatti questo full lenght promosso dalla Rarenoise records, offre nelle sue dieci tracce madreperlacee invenzioni musicali, definibili ai limiti del neo folk e forse più marcatamente in un suolo eletro-dark, intercalato su motivi cantautoriali.

Esempio chiaro della direzione artistica intrapresa dalla band è l’introduttiva Hide and Seek, in cui un sostegno elettronico si mescola a chitarre acustiche, a sviluppi alternative e ad un materialismo cupo e quasi depressivo. Le partiture si muovono infatti in maniera fedele al nome dell’ensemble, senza troppi compromessi mainstream. Il disco suona bene sin da subito, riuscendo ad incrociare fragranze Depeche mode di God is Right con il cantautorato d’oltre oceano.

Di ottima fattura risulta essere anche la titletrack, in cui torpore intrinseco si annerisce attorno alla vocalità che probabilmente piacerà a chi ha nutrito il proprio passato con Nick Cave e Joy Division. Distorsioni dilatate, suoni ampi e diluiti rendono la traccia annoverabile tra le migliori del disco al pari di Idiot’s Walts, in cui richiami ad alcuni passaggi Ronin raccontano storie di note mitigate da una linea vocale calda e ben stabile.

Meno riuscita è forse l’anonima The new parade, in cui filtraggi vocali e definizioni discorsive non riescono a riferire una necessaria teatralità recitante di un brano che, nonostante i cambi di direzione, non risulta all’altezza di We took this land, una lucida goccia nera in cui le basse note definiscono un recessivo ardore creativo, ancora una volta attraverso numerosi mutamenti direzionali sempre condotti con maestria da Mr Wakeford.

A chiudere il disco sono i lunghi 10 minuti (lordi) di All Gone, perfetto manifesto song dei Gufi che, attraverso un falso finale, offrono una traccia perfetta ad un disco intimista, ma vitale nel suo voler narrare; sicuramente non facile da assaporare, ma essenziale sia per chi vive il mondo indie ed alternative, sia per chi ama il noir cantautoriale.