Numero 6 Dio c’è, recensione
Sin da piccolo, quando con i miei genitori macinavamo kilometri vacanzieri armati di Fiat 128, mi sono sempre domandato chi fossero i proto writers che perdevano tempo e spray a disegnare sul cartelli stradali da scritta Dio c’è. Ancora oggi, pur con il dubbio di essere di fronte ad integralisti settari o miracolati itineranti, qualcuno mi ha raccontato che quella scritta altro non è che un punto di spaccio, in cui gli stati alterati di coscienza trovano la via della perdizione.
A dire il vero, ancora non so se considerare questa storia una leggenda urbana, oppure una soffiata realistica, di certo Dio c’è per i credenti, forse c’è per gli agnostici e (quasi certamente) in maniera provocatoria, c’è per i Numero 6, che con il nuovo full lenght tornano sulle nostre pagine dopo circa due anni da I love you fortissimo.
Il nuovo disco, racchiuso in un accattivante digipack, ci racconta di una band che, iniziato l’inevitabile processo di maturazione, si offre ad un indie pop giocoso, il cui semplice e diretto approccio iniziatico nasconde una lettura celata, capace di emergere solo sulla lunga gittata, regalando all’ascolto sfumature percepibili esclusivamente dopo l’entrata all’interno del mondo bizarre del quintetto. Il registro compositivo appare di certo più convincente rispetto al recente passato, anche se dal punto di vista degli arrangiamenti ci ritroviamo di fronte a margini di miglioramento.
Senza dubbio, appaiono di ottima fattura sia le scelte stilistiche relative al logo della cover art, reso meno morbido ma più accattivante, sia la session fotografica che arricchisce con gli scatti di Luca Saini un disco ricco di ospiti. Ad aprire i racconti musicati è l’approccio indie pop di Mi arrendo, una sorta di lo-fi lineare e piacevole, che richiama alla mente il mondo degli En roco. Gli echi genovesi, però, si perdono immediatamente con il riff Armstronghiano di Low cost che, edulcorato verso una direttiva armonica, mostra un chorus fluido, reso acerbo da un’ottimale enclave sonica, tirando sull’acceleratore dell’alternative, tra cambi di direzione, improvvisi stop and go e sensazioni californiane.
Se poi la titletrack e Persone che potresti conoscere, non appaiono tra le tracce più convinte, di certo episodi come l’anima Zen Circus di Scappa via e Storia precaria, appaiono ben definite, attraverso sarcasmo ed ironia tipica del combo genuense. Qui come altrove emerge una sentita via del vintage, attraverso un cavalcante sentiero metodico ed ipnotico, impreziosito da un curato songwriting
Di certo siamo di fronte a strutture semplici, dirette e senza fronzoli, che donano un consapevole sapore armonico al nuovo platter, in grado di affrontare tematiche sonore inaspettate come emozioni electropop e diluizioni post che potrebbero segnare un nuovo orizzonte compositivo.
Tracklist:
1. Mi arrendo
2. Low cost
3. Scappa via
4. Crash!
5. Storia precaria
6. Persone che potresti conoscere
7. Dio c’è
8. Domatore di coglioni
9. Fa ridere
10. La vita sbrana
11. Sessantasei
12. Un mare
13. A chi è infallibile