Niccolò Fabi in Concerto – Roma / Auditorium Conciliazione 1.2.2013
Premetto che, quando nel 2012 è uscito “Ecco” – il nuovo album di Niccolò Fabi – ero molto curioso di capire meglio cosa bollisse nella pentola del suo cuore dopo la tragedia che lo ha personalmente colpito e, dopo averlo lungamente ascoltato (direi quasi respirato), non ho proprio fatto a meno di recensirlo proprio su questa rivista. Conseguenza logica di una così improvvisa passione Fabiana è stata poi quella di acquistare, con largo anticipo, due biglietti per la data romana (già allora quasi sold out) del tour, fortunatamente fissata nella splendida venue dell’Auditorium Conciliazione che, a mio modesto avviso, resta il posto meglio concepito per l’ascolto di concerti nella Capitale.
Passando alla descrizione della serata, definirei più che apprezzabile l’apertura del talentuoso polistrumentista Roberto “Bob” Angelini. L’amico di lunga data di Fabi prepara a dovere gli animi dei presenti con un mini set, molto intimo, di 3 canzoni estratte dal suo ultimo personale repertorio, terminato il quale sul palco, sobriamente allestito, inizia a diffondersi il “fumo da scena” delle grandi occasioni che, con poche (ma buone) luci ben piazzate, contribuisce a rendere ancor più calda l’atmosfera e l’attesa.
La breve e strumentale “Indie” permette ai 5 membri della band di prendere la propria posizione ed inevitabilmente l’entrata di Niccolò scatena il boato di una platea particolarmente attenta, pronta a godersi “Indipendente”, il pezzo più radiofonico del già citato LP che dà il nome al tour.
Anche la successiva “Io”, inno della messa al bando della ormai devastante egomania, con il grande successo del passato “È non è” scorrono via piacevoli e sufficientemente leggere dopo di che, dopo una precoce presentazione dei compagni (segno di un consolidato sodalizio), l’artista romano confessa che: “ogni volta che si suona a Roma, facciamo finta che sarà un concerto come tutti gli altri, ben sapendo che così non potrà mai essere”. E di fatto così non sarà.
Le luci sul palco si fanno più intense quando inizia un set di cinque canzoni che viene definito da lui stesso come un viaggio virtuale, più propriamente mentale, che parte con l’introspettiva “Dentro”, per poi proseguire con la romantica “La Promessa” e la più rockeggiante “Solo un uomo”, citazione senza sconti delle esperienze esistenziali più alte e più basse che un essere umano possa vivere.
Il climax del pathos tocca il suo punto massimo con “Elementare”, che con grande e rara sensibilità racconta sostanzialmente la sua dura e difficile elaborazione dell’improvvisa morte della piccola Lulù. Il pubblico è silenzioso, come in una cattedrale, e per sciogliere un po’ gli animi, inevitabilmente rattristati, Niccolò ricorda che il preannunciato viaggio non sempre porta “in luoghi bui dove uno non vorrebbe mai andare o tornare”. Così, invitando tutti a mettere da parte “i fazzolettini tempo”, attacca con “Sedici modi di dire verde”, altro pezzo nuovo e più folkeggiante, scritto durante un viaggio in Africa e dal mood più rasserenante.
Per motivi di sintesi aggiungo solo che fino alla fine del concerto le canzoni si susseguono alternando momenti più significativi come “Costruire” (canzone fantastica, che purtroppo non conoscevo, ma che resterà come prezioso regalo da qui in poi), ad altri più spensierati come “Vento d’estate” (con la seconda voce di Gazzè ben eseguita dal fido Pier Cortese) o “Capelli” (simpaticamente “mischiata” con Aquarius dal musical Hair).
Dulcis in fundo, dopo la chiusura di “Lasciarsi un giorno a Roma” (destinata proprio a non poter mancare, che ne dite?) la gente come di consueto alza il coro per riavere presto il proprio beniamino e, così prima degli encore, Niccolò si lascia andare ad una confessione tanto ironica quanto sincera: “ero dietro al palco e pensavo ad un milione di motivi per non montarmi la testa….ma non li ho proprio trovati”.
Parte quindi un set acustico, prima da solo (“Fuori o dentro”), poi con altri due band mates: Angelini e Pier Cortese (“Lontano da tutto” e la suggestiva “Il negozio d’antiquariato”).
Il gruppo termina al gran completo per l’altrettanto immancabile ed ipnotica “Una buona idea” che più di ogni altro brano sintetizza la rinascita interiore che Fabi ha dovuto intraprendere per risorgere dalle ceneri dall’evento sconvolgente di cui sopra ed il cui segreto, in fin dei conti, è rappresentato proprio dal non essersi chiuso in sé stesso, ma nell’essersi proiettato verso quel mondo esterno che tanto necessita di un comune sforzo per diventare più umano e migliore.
“Ecco” chiude i giochi, proprio come sul cd, e l’urlo lacerante (alla Robert Smith) – coperto da un muro di chitarre e tastiere dark che si mescolano come la trama di un tappeto – ricorda a tutti che, come padre, pur volendo tornare indietro nel tempo come in una moviola, non potrà mai dimenticare la sua amata figliola. Ammetto francamente: impossibile non sentire un nodo in gola.
Resta la memoria di un’esperienza musicale ed umana indimenticabilmente significativa che questo cantante romano ha saputo regalare ai suoi concittadini, con la rinnovata certezza che la sensibilità, nell’arte come nella vita, rappresenta sempre il discrimine fra persone che lasciano un segno negli altri e persone che, prima o poi, verranno sostanzialmente dimenticate.
PS: Chiedo venia ma devo ringraziare Daniela B., per avermi fornito la seguente setlist così didascalicamente riportata e Tesina S. per aver sopportato la mia prolungata concentrazione durante il concerto, finalizzata a rendere questa recensione il meno infedele possibile.
Set list
Apertura Angelini:
Vulcano
Cenere
Fiori rari
*********
Indie
Indipendente
Io
E’ non è
Dentro
La promessa
Solo un uomo
Elementare
Sedici modi di dire verde
Vento d’estate
Costruire
I cerchi di gesso/Acquarius/Capelli
Lontano da me
Oriente
Offeso
Lasciarsi un giorno a Roma
Fuori o dentro
Lontano da tutto
Il negozio di antiquariato
Una buona idea
Ecco